LA SAGRA
L’8 settembre saranno “celebrati” insieme a Castelvetrano. Un matrimonio lungo quasi due millenni fra il tipico “nero” e la Nocellara del Belìce
Pane e olio,
c’è di meglio?
I buongustai collegano Castelvetrano (Trapani) a due cose: il pane, quello nero, di “Tumminia”, e l’olio. Tutti e due sono prodotti della tradizione più remota, e vengono “celebrati”, il prossimo 8 settembre con una sagra, da non perdere: non solo per assaggiarli ma anche per acquistarli e farne scorta.
È evidente che da queste parti sanno bene come si preparano, sia l’uno che l’altro. Per l’olio, ad esempio, la tradizione si può far risalire senza difficoltà fino all’epoca greca: Castelvetrano è la “discendente” di Selinunte e qui, fra le rovine dell’antica città, gli archeologi hanno messo in luce presse e macine. Oggi l’olio si fa precisamente come 2000 e più anni fa ed è probabile che sia anche per questo che è così buono. Un’altra ragione, evidentemente, è la qualità delle olive che qui sono soprattutto Nocellara del Belice, e danno un olio fortemente aromatico e dal sapore deciso.
La lavorazione tradizionale e la qualità del grano fanno la differenza quando si parla di pane di Castelvetrano che difatti a buon titolo è stato inserito fra i presidi Slow Food. Per la verità, se non siete estimatori del pane integrale e saporito, difficilmente questo pane così rustico e scuro incontrerà il vostro gusto. In ogni caso, vale la pena di assaggiare. A una sagra alla quale ho partecipato c’era una signora – ricordo che si chiamava Rosaria, aveva cerchi d’oro alle orecchie e un sorriso materno e complice – che offriva il pane nero a pezzettini, non a fette, che ciascuno poteva intingere in un grande piatto col fondo coperto di olio denso e verde e spolverare di origano… ho pensato che gli dei con la loro tanto decantata ambrosia non avessero capito proprio niente.
Dopo gli assaggi, è il momento di una passeggiata per Castelvetrano: il centro storico, stretto fra le basse palazzine di una periferia vasta e moderna, si sviluppa intorno a due piazze contigue che, senza alcuno sforzo di fantasia, sono state intitolate a Garibaldi e Umberto I. Qui si concentrano i principali monumenti che, come spesso accade, sono soprattutto edifici sacri: la Chiesa Madre (dalle belle decorazioni in stucco) e la Chiesa del Purgatorio, dunque, ma ci sono anche una bella fontana secentesca, detta “della Ninfa” e un teatrino neoclassico che, durante l’inverno, ospita una gradevole stagione di prosa.
Visto che l’estate è ancora lunga, però, trovate anche il tempo per andare un po’ al mare: proseguendo sulla statale in direzione di Selinunte (se non avete mai visitato l’area degli scavi, è il momento di rimediare), fra ville, palme e oliveti, arriverete alla frazione di Marinella. Qui si trovano buoni ristoranti di cucina marinara – non locali eleganti, ma il pesce è sempre molto fresco – e alberghi. È una zona turistica, insomma. La spiaggia, bellissima e lunghissima della riserva del fiume Belice è proprio a due passi, basta seguire la strada costiera. L’ingresso alla riserva è segnalato da un cartello, lasciate l’auto ai margini dell’ampia strada polverosa e avventuratevi senz’altro. Se siete irriducibili “comodisti”, sappiate che ai piedi della scalinata che vi porta sulla sabbia, c’è un piccolo ristorante e bar, che mette a disposizione non solo pietanze squisite (le tagliatelle all’aragosta, per esempio, sono magnifiche) ma anche sdraio e ombrelloni.
Maria Cristina Castellucci