L’INTERVISTA
Secondo Giacomo Cosentino, ex presidente dell’Unione Europea dei Gourmet, ecco perché nel capoluogo siciliano mancano i ristoranti stellati. “I clienti vogliono solo piatti stracolmi e prezzi bassi”
“Il palermitano
non sa mangiare”
“Il palermitano non sa mangiare. Chiede solo grandi ‘cofanate’ di piatti di pasta. Appena qualcuno porta qualità nel piatto e in quantità limitata, si arriccia e non gradisce”. Secondo uno dei massimi esperti e indagatori del gusto della città, Giacomo Cosentino, la ristorazione non brillerebbe di stelle, sarebbe solo il riflesso di una clientela che ha poca conoscenza del cibo.
In prima linea per valorizzare la qualità e la cultura del mangiar bene, l’ex presidente dell’Unione Europea dei Gourmet trova qualche difficoltà a trovare ristoranti all’altezza.
Un giudizio da intenditore, come si mangia a Palermo?
“Le rispondo così. Mangio oramai da anni solo in 4/5 posti”.
Non trova altri ristoranti all’altezza o da meritare una stella?
“No. Palermo come città da un milione di abitanti dovrebbe avere almeno tre ristoranti stellati. Invece ha solo ristoranti che propongono prezzi bassi e grandi quantità”.
Perché secondo lei?
“Perché il palermitano non sa mangiare. Ecco perchè i ristoranti sono rimasti a questo livello e per questo, riallacciandomi alla testimonianza di Gigi Mangia con cui sono d’accordo, non c’è il professionismo. Non ha motivo di esserci, dato che il cliente si accontenta di piatti stracolmi. In questo stato chiunque sappia cucinare un minimo allora può aprirsi un ristorante o proporsi come chef. A Palermo così va, per fare un locale di successo non hai bisogno di fare grandi scuole e gavetta”.
Però qualcuno tenta di fare buona cucina…
“Certo, e come dicevo sono pochi. Perché si guadagna di più facendo cucina di massa e dalle grandi porzioni. Chi decide di fare vera ristorazione certo soffre più degli altri”.
Non crede che i ristoratori potrebbero educare la clientela?
“Se il ristorante ha uno chef professionista allora sì che si può fare. Si dovrebbe cominciare con il proporre menu stagionali. Si dovrebbero cambiare i menu almeno 4 volte all’anno. Davvero pochi lo fanno. Partiamo da qui”.
Manuela Laiacona