L’INTERVENTO
Secondo Giovanni Paternò, Associazione nazionale assaggiatori di grappa, la differenza tra i ristoranti palermitani e quelli ragusani sta nelle competenze. Nel capoluogo ci sarebbe poca eccellenza
“Questione
di professionalità”
di Giovanni Paternò*
Fabrizio Carrera ha scagliato un sasso, anzi un masso, nello stagno quando si è chiesto “come si mangia a Palermo”. Carrera, abbastanza desolatamente, ha affermato che nel capoluogo non si mangia male ma che “…suggestioni tra i tavoli o attenzioni per il cliente sono concetti ancora molto lontani dalle teste di chi gestisce un ristorante a Palermo”.
Insomma i ristoranti di Palermo non entusiasmano, non c’è da stare allegri per l’immediato futuro. Riprende l’argomento Gigi Mangia, noto ristoratore nonché presidente della Federazione provinciale pubblici esercizi, il cui intervento è stato riassunto da Manuela Laiacona nell’espressione “non siamo nel territorio giusto e non c’è un’utenza in grado di sostenerli”.
Mangia afferma che “non c’è un’utenza a Palermo in grado di sostenere un ristorante stellato, e poi soprattutto perché la ristorazione non ha il viaggiatore esterno. Non è riuscita a portare nulla fuori dal proprio territorio e per questo manca il turista colto che viene qui per il cibo”.
Mi permetto di dissentire profondamente dalla sua tesi: una città come Palermo, che ingloba un’area metropolitana di quasi un milione di persone, che ogni giorno richiama centinaia se non migliaia di siciliani costretti a recarsi presso i vari uffici, specie regionali, che per le sue bellezze artistiche ed architettoniche attira un buon numero di turisti, non avrebbe un’utenza disposta a spendere il giusto per un ottimo pasto e per un’esperienza culinaria degna di apprezzamento e di ricordo? Gigi Mangia, da diretto interessato e da sindacalista, è bravo nel difendere la sua categoria e rivolgere ad altri il motivo per cui a Palermo non ci siano ristoranti che “valgano il viaggio” come si suole dire. Mi viene da chiedermi allora come mai nella provincia di Ragusa ci sia l’imbarazzo della scelta per un ottimo ristorante? Forse a Ragusa, a Modica, a Chiaramonte Gulfi, sono presenti quelle figure di golosi che invece mancano nel Palermitano? Nel Ragusano non ci sono gli abitanti, gli uffici e i turisti che ci sono a Palermo, per cui il bacino di utenza è di gran lunga inferiore. I ragusani hanno avuto la fortuna di avere nella loro terra persone appassionate e competenti che hanno saputo dimostrare che anche nell’arte culinaria e della ristorazione i siciliani sono capaci di raggiungere vette eccelse. Proprio in incontri organizzati da Cronache di Gusto ai vari Ciccio Sultano e Pino Cuttaia ho chiesto perchè non aprissero un loro locale nella capitale. Purtroppo per noi palermitani mi hanno risposto con un semplice e disarmante sorriso. In verità sembrerebbe che ai ristoratori palermitani manchi una eccelsa professionalità che si possa esplicare in una cultura culinaria degna di lode, in una sapiente capacità di saper coniugare la tradizione dei nostri piatti (famosi nel mondo) con una visione più moderna ed intrigante. Si accontentano di tirare a campare. In ogni caso mancano il coraggio, uno spirito di iniziativa imprenditoriale e, cosa ancora più grave, la ricerca di una professionalità nel servizio e nell’organizzazione delle comande. Mi chiedo a cosa servano gli istituti alberghieri quando in un non economico ristorante, che andava per la maggiore a Palermo un paio di anni fa, i quattro commensali in una cena di un normale giorno infrasettimanale, vengono serviti non contemporaneamente sia per il primo che per il secondo? E cosa dire quando i secondi, pur diversi, erano tutti accompagnati da patate lesse ospedaliere?
La speranza, come si augura Carrera, è che nel futuro ci sia qualche chef che, unendo l’attitudine, la capacità, la formazione, acquisita possibilmente presso le buone cucine italiane ed estere, sia in grado di evitare che i palermitani debbano recarsi altrove per esaudire il giusto desiderio di un pasto che non sia solo per nutrirsi.
*consigliere dell’Anag Palermo
(Associazione Nazionale Assaggiatori di Grappa)