LA PROVOCAZIONE
A scorrere la lista delle etichette premiate dal Gambero rosso scopri che quasi sempre c’è il wine maker di grido che arriva dal Nord. Ce n’è per riflettere
Ma i siciliani
sanno fare il vino?
Una lettura attenta degli ambiti “tre bicchieri” attribuiti a 15 vini siciliani dalla guida 2011 del Gambero Rosso impone uno spunto di riflessione che probabilmente farà discutere. Ma ben venga il dibattito. E speriamo che sia anche ampio.
Dunque, dietro a molte delle etichette c’è quasi sempre un wine maker di grido. Non è una novità ma la tendenza resiste. Ad ogni moda, ad ogni tempo, alle crisi di liquidità ed economiche in cui versano molte cantine, ad ogni voglia di essere a tuti i costi un po’ controcorrente. Ecco allora Carlo Ferrini che da solo firma quattro etichette (anche se adesso non è più il consulente enologico di Donnafugata). E poi c’è Lorenzo Landi, Mario Ronco, Stefano Chioccioli, Donato Lanati, Alessandro Cellai, forse manca Riccardo Cotarella ma è solo un caso. Nomi di altissimo lignaggio nel firmamento enologico nazionale e internazionale. E a cui probabilmente la Sicilia del vino deve qualcosa, perché se l’Isola è stata sdoganata nel mondo un merito ce l’hanno anche loro. Ma c’è anche il rovescio della medaglia. Intanto perché viene fuori in modo netto quanto sia difficile essere profeti in patria. E poi perché probabilmente un po’ di professionalità locale, a chilometri zero diremmo, viene un pizzico mortificata dai riconoscimenti delle guide. Conta il vino, lo so. E quello buono, eccellente, va premiato. E se i wine maker che giungono dal Nord lo fanno bene, nulla da dire. Ed infatti ci sorge un dubbio che non riusciamo più a sopprimere. Premesso che territorio e uva fanno la loro parte determinante, i siciliani sanno fare il vino?
F. C.