VERDE A TAVOLA
La salvia, erba sacra o tè dei greci, dalle applicazioni farmaceutiche è passata presto in cucina. I provenzali preparavano una zuppa in cui l’associavano a patate e aglio, ma può impreziosire ogni piatto, dalla carne agli ortaggi, questione di accostamento…
La regina
della salute
Non occorre aver studiato il latino per capire che la salvia è una pianta dalle virtù più che salutari. La pianta “che salva” era ritenuta capace di veri e propri prodigi dai popoli più antichi. I druidi l’impiegavano contro reumatismi, febbri, la paralisi, l’epilessia e per favorire concepimento e parto.
I medici della scuola salernitana si chiedevano nel medioevo: perché muore l’uomo che ha la salvia in giardino? E loro stessi si davano la risposta: “Perché nessuna erba è tanto potente da debellare la morte”.
L’erba sacra o tè dei greci, dalle applicazioni farmaceutiche è passata presto in cucina. I provenzali preparavano una zuppa con patata, aglio e salvia che oltre a essere un gustoso piatto era disintossicante e disinfettante. Tritata e mista a vino era largamente impiegata per conservare o cucinare tutte le carni. Ed oggi basta solo applicare un po’ di fantasia e la salvia può impreziosire qualsiasi piatto, dalla carne agli ortaggi, questione di creare il giusto accostamento.
Appartenente alla famiglia delle Labiate, la stessa che annovera la menta, la salvia officinalis cresce su terreni asciutti e sassosi delle regioni meridionali. Il suo odore molto canforato è facilmente distinguibile. Si impiegano tutte le parti della pianta, dalle foglie grigio-biancastre, spesse e ricoperte di peli, ai piccoli fiori viola.
Le sue virtù antisettiche e cicatrizzanti erano note agli speziali che l’impiegavano per guarire le affezioni gengivali. Nei Capitolari di Carlo Magno si raccomandava di dare alla salvia un posto d’onore nell’orto. E santa Ildegarda la riteneva una vera e propria panacea contro tutti i mali.
Ma ci fu anche chi andò oltre i limiti del consentito. Avvenne nel 1630 a Tolosa, durante la terribile pestilenza che fece migliaia di morti. Alcuni ladri furono arrestati con l’accusa di avere spogliato i cadaveri. Un reato gravissimo che non ammetteva la salvezza. Ma i magistrati offrirono comunque un’ancora di salvezza ai briganti: volevano conoscere il segreto della loro immunità, come facevano a non rimanere contagiati pur spogliando i cadaveri. I ladroni confessarono di avere usato una mistura a base d’aceto, salvia, timo e lavanda. Un unguento che li proteggeva dal contagio e che fu sperimentato con l’aggiunta di aglio a Marsiglia cento anni più tardi. Da allora, la mistura fu chiamata “Aceto dei quattro ladroni”.
Mario Pintagro