LA CUCINA DEL FUTURO
Corrado Assenza dice la sua: “Si cercherà sempre più semplicità e naturalezza. Purtroppo nei ristoranti medi si troverà spesso il prodotto della grande distribuzione, chimico e artificiale”
“Ritorno al passato”
C’è chi dice che la miglior granita del mondo è la sua, chi corre a Noto, al Caffè Sicilia per un bisogno sfrenato dei suoi unici tranci di torta. Se la pasticceria siciliana è già ottima per tradizione, Corrado Assenza sa interpretarla e restituirgli il valore che merita.
Per questo che le sue marmellate hanno fatto il giro del mondo e i suoi gelati irripetibili restano impressi nella mente di chiunque. Dall’alto della sua ventitrennale esperienza ci racconta il futuro della cucina e della pasticceria.
Come sarà la cucina tra dieci anni?
“Da parte degli chef ci sarà sempre molto entusiasmo nell’approccio alla cucina, ma io credo che il segreto sia ritornare alla naturalità, riavvicinarsi ad essa, perché la stiamo perdendo sempre di più. Noi in Sicilia siamo fortunati, perché ne abbiamo in quantità e riusciamo ancora a reperirla facilmente. Ma purtroppo non tutti hanno la pazienza di cercarla e di trovarla. Per questo destagionalizzano i prodotti abbattendone le qualità”.
Quindi una naturalità sempre più ricercata?
“Nell’alta cucina si cercherà sempre più semplicità e naturalezza. Purtroppo nei ristoranti medi si troverà sempre più il prodotto della grande distribuzione, chimico e artificiale. È più facile avere un prodotto uguale tutto l’anno, che uno ricercato stagionalmente”.
Come mangeranno gli italiani?
“Sempre peggio, soprattutto si spenderà sempre meno per mangiare e sempre più in tecnologia o telefonia. Oggi sappiamo tutto sui cellulari e nulla su ciò che mangiamo giornalmente”.
Cosa ne pensa dei ristoranti etnici?
“Sarei favorevole alla contaminazione se oltre al piatto si trasmettesse anche la cultura di quel paese. Mangiamo un surrogato del cinese o del giapponese. La mia seconda è giapponese e non fa altro che raccontarmi che non esiste un ristorante in cui venga fatta anche lontanamente la sua cucina. Il problema è questo: passa la bandiera, passa il piatto ma non una cultura, che resta dov’è. Lo stesso accade a noi con la pizza, passa il prodotto che viene ridotto a un surrogato, ma non passa la pizza come elemento della cucina italiana. Ho visto un ristorante in poco tempo cambiare bandiera più volte. Secondo lei è questa contaminazione?”.
L’italiano è aperto al cambiamento?
“Per gli italiani ciò che è tradizionale è necessariamente buono. Purtroppo non è così”.
Quale sarà il futuro della Sicilia in ambito ristorantizio?
“Mi piacerebbe poter fare delle previsioni rosee più vicine, il punto è che non lo so. Quel che manca sono gli investimenti, poi viene la passione e il lavoro”.
Laura Di Trapani