L’INTERVISTA
Il giornalista del Mattino è il responsabile per la nuova guida ai vini. “Ecco come racconteremo aziende e bottiglie. E ai produttori dico che…”
Slow Food,
il vino, il Sud:
c’è Pignataro
Luciano Pignataro, giornalista del Mattino, con un giornale tutto suo on line e autore di numerose pubblicazioni enogastronomiche è il responsabile per il Sud Italia della nuova guida ai vini di Slow Food che vedrà la luce nel prossimo autunno. A lui il compito di raccontare vini e cantine di Campania, Basilicata e Calabria. Lo abbiamo intervistato.
Come nasce questo incarico come responsabile della guida al vino di Slow Food per il Sud Italia?
«Con Slow Food il rapporto è lungo, lunghissimo. Iniziò una fredda mattina di gennaio 1988 a Marina di Pisciotta nel Cilento con un pranzo a base di alici in trattoria insieme a Vito Puglia, uno dei fondatori Arcigola e per molti anni responsabile nel Sud. Ho sempre seguito le attività con passione e ho aspettato con pazienza che certi nubi passassero, ho fatto parte della giuria del Premio Internazionale per molte edizioni e stavo a Positano quando Carlo Petrini lanciò l’idea dei presìdi nel 1998 passando dalla semplice buona tavola alla necessità di salvaguardare i prodotti. Ed ero a Riva del Garda quando Carlo fece la sua prima apparizione in pubblico dopo il difficile periodo di malattia. Senza farla lunga, è il momento di ritrovarsi sulle cose pratiche, come il Parco del Cilento che non ha un piano abbattimenti di abusi, le navi dei veleni nel mare di Calabria, eccetera. Questa è la vera scena dello scontro. Da questo bisogno nasce la necessità di relazionarsi ad una rete collettiva collaudata e lo spunto è sicuramente offerto dalla nuova guida dei vini che sarà assolutamente nuova rispetto al passato».
La guida avrà valutazioni e/o punteggi?
«La discussione deve entrare ancora nel merito. Il presidente Roberto Burdese ha anticipato le linee guida al Salone di Torino e durante la recente riunione dei governatori a Benevento. Non ci saranno punteggi, questo è certo. Tutte le aziende saranno visitate, una per una, per instaurare una dialettica complessa e profonda. Non il solito assaggio».
Che importanza avranno i vini cosidetti “naturali” in questa guida?
«L’idea è partire dall’attenzione all’ambiente. Al di là delle sigle e delle autocertificazioni, sicuramente l’aspetto complessivo del rapporto tra prodotto e territorio giocherà un ruolo fondamentale: si vuole sostenere una viticoltura sana, ecocompatibile, rispettosa della biodiversità e della tradizione e, naturalmente, capace di presentare buone bottiglie. Non ci piacciono i vigneti coltivati come la rucola sotto serra».
Come vedi il Sud Italia del vino con questo nuovo incarico? Cosa si sbaglia in questa parte d’Italia?
«Il Sud è la culla dell’agricoltura europea, attorno al Vesuvio e all’Etna si producevano i vini più rinomati. Sappiamo come è andata, ma abbiamo anche avuto la fortuna di raccontare la rinascita e l’affermazione di vini meridionali a livello internazionale come mai sarebbe stato neanche pensabile solo all’inizio degli anni ’90. Il problema del Sud è che deve fare il Sud e non imitare altri territori, non c’è niente altro da scontare se non una certa immaturità commerciale che rende goffa la promozione e spesso fa inutilmente litigare le persone fra loro per stupidi motivi. Forse l’unico settore in ritardo, ma è comprensibile, è la spumantistica. I diversi territori non possono competere sui costi, ma sulla caratterizzazione del bicchiere, questo si può fare attraverso un approfondimento orizzontale, leggi la nascita di cru, oppure verticale, leggi l’archivio di più annate, di rossi come di bianchi. Questo è il salto assolutamente necessario da fare per liberarsi dall’anonimato. Il Sud, ma direi quasi tutta l’Italia, è ancora fuori dalla percezione del mercato di vini di pregio e di qualità. E i motivi sono proprio questi. Insomma, il problema del Sud resta la testa delle persone. Quando la fiducia avrà vinto sulla malinconia gran parte dei problemi saranno risolti e si potrà ambire alla leadership».
F. C.