VERDE A TAVOLA
Oggi domina su arrosti e patate. Ma in antichità era considerato simbolo d’amore: nel ‘300 la settantenne regina d’Ungheria vi curò le sue rughe, conquistando il monarca di Polonia
Rosmarino,
trionfo d’aroma
Trionfa sugli arrosti e sulle patate, esalta con il suo profumo a metà tra il canforato e l’incenso qualsiasi salsa o condimento. È un’erba aromatica tra le più intense il rosmarino che non deve assolutamente mancare nelle nostre dispense. Si usa preferibilmente secco, ma esistono impieghi anche con la foglia fresca.
Come molte altre aromatiche, il rosmarino fece il suo debutto in società come rimedio e panacea di tanti mali prima di avere il suo posto in cucina. In antichità era considerato il simbolo dell’amore e del matrimonio e se ne intrecciavano corone per le donzelle. I faraoni lo volevano come compagno nell’Aldilà, la regina Elisabetta d’Ungheria, nel ‘300, più che settantenne, trovò rimedio ai suoi reumatismi e alle sue rughe grazie al rosmarino, al punto da stregare il re di Polonia che la sposò in un battibaleno. Da allora è rimasta famosa l’acqua della regina d’Ungheria che altro non è che un alcolato di rosmarino. Di sovrano in sovrano si arriva a Luigi XIV che guarì anch’egli da fastidiose forme reumatiche. L’antica farmacopea, d’altronde, ne riconosceva i meriti: con esso si preparava il balsamo “Tranquille”, il balsamo “Opodeldoch”, il vino aromatico. Negli orti medievali aveva un posto di grande rilievo poiché il rosmarino veniva largamente impiegato come spezia per conciare le carni da destinare ai lunghi tragitti navali.
Appartenente alla famiglia delle labiate, il rosmarino è tipico delle regioni mediterranee. Le foglie, strette e opposte, sempreverdi, sono coriacee e biancastre nella pagina inferiore. I fiori sono azzurro pallido. In tempi più recenti è stata accertata la reale capacità di provocare un’azione stimolante e digestiva, di alleviare il mal di denti e di contribuire a lenire i dolori reumatici e di contribuire al ringiovanimento della pelle.
Mario Pintagro