LA TRADIZIONE
Piatti e dolci tipici per rifocillare i defunti nel giorno a loro dedicato. A Palermo ci sono i “pupi di zucchero”, nel Messinese le ossa. L’esperta: “Un tempo regalate ai bambini per esorcizzare la paura, ma di questo significato non rimane più nulla”
Cosa resta
dei Morti…
Il 2 novembre è il giorno in cui consolare le anime dei defunti. Un giorno di commemorazione ma anche di comunicazione tra ciò che era vivo e ciò che non lo è più. Una comunicazione che, sin dai tempi più remoti, viene espressa principalmente attraverso il cibo, con la preparazione di dolci da offrire alle anime dei defunti per ingraziarseli e per rifocillarli dopo il lungo viaggio che si crede compiano verso il mondo dei vivi.
La festa dei morti è una ricorrenza particolarmente sentita in Sicilia, e in questa regione più che in altre si celebra acquistando, preparando e regalando dolci. Una tradizione antica che risale agli avi dei nostri avi, che si cimentavano in preparazioni a base di zucchero per esorcizzare la paura dell’ignoto e della morte. Non a caso, infatti, i dolci simbolo di questa festività nel Palermitano sono i “pupi di zucchero” o “pupi a cena”, statuette di zucchero e farina colorate, dipinte a mano, alte almeno un palmo, che un tempo raffigurano prevalentemente paladini o Rosalia, la santa protettrice della città, e che oggi, invece, hanno le forme di personaggi più popolari tra i bambini.
Nel Messinese, invece, si preparavano e si preparano ancora le “ossa dei morti”, con farina, mandorle e zucchero. Un dolce con una base scura e una parte superiore bianca, un tempo raffigurante tibie, teschi o falangi e che oggi è possibile trovare anche con soggetti meno macabri.
Ma cosa rimane delle antiche tradizioni legate al culto dei morti?
“Questa festa è sostanzialmente un retaggio del passato, una celebrazione che ha perso il suo significato originario per legarsi sempre di più ai riti del consumismo – spiega Rita Cedrini, docente di Antropologia culturale alla facoltà di Architettura e di Archeologia dell’alimentazione alla scuola di specializzazione in Scienze dell’alimentazione a Palermo –. I pupi a cena, ad esempio, hanno un forte significato simbolico che è quello di impossessarsi, attraverso il pasto, di ciò che è sacro e che dà forza. Queste figure di zucchero, infatti, nascono proprio per raffigurare i defunti e mangiarli significava assumerne forza e virtù in una sorta di patrofagia simbolica. Ecco perché, inizialmente, c’erano solo le forme di cavaliere o di santa. Oggi, con il consumismo imperante, è molto più facile trovarli in vendita a forma di vari eroi dei cantoni animati. In passato, questi dolci venivano regalati ai bambini perché venisse esorcizzata la paura dei morti, ma di questo importante significato simbolico oggi non rimane più nulla”.
La ragione vera di questa ricorrenza sembra dunque essersi persa tra le bancarelle di giocattoli che affollano le piazze in prossimità della festa e tra le varie proposte dolciarie che hanno poco a che fare con il vero senso della trazione. Basti pensare che sono sempre più numerose le zucche che popolano le vetrine in “omaggio” ad Halloween, ricorrenza che sta sempre più prendendo piede in Sicilia e che minaccia di scalzare la nostra “festa dei morti”.
“La cultura è un fatto dinamico – continua Rita Cedrini – ed è accettabile che il passato venga riplasmato dalle nuove generazioni adeguandolo alle nuove usanze. Ma perdere il senso della nostra tradizione sarebbe un errore perché significherebbe perdere il senso stesso delle nostre radici che invece rappresentano il cordone ombelicale tra passato e futuro. E un popolo senza radici e senz’altro più debole. Halloween, con il suo corredo di zucche e maschere, rischia di recidere questo cordone ombelicale”.
C.M.