LA CUCINA DEL FUTURO
Gualtiero Marchesi così descrive le tavole fra dieci anni: “Un pericolo l’internazionalizzazione a tutti i costi, involgarisce la tradizione”. La direzione verso cui andare? “Sapori, non costruzione dei sapori”
“Italianità a rischio”
La definizione che più gli calza a pennello è quella di “minimalista della cucina europea”, pensata per lui da un critico spagnolo. La sua, infatti, è una cucina che si basa sulla pienezza delle materie prime. “Meno pasticci e più verità nel piatto”, ama dire il grande chef Gualtiero Marchesi, operando una trasposizione della filosofia di Heidegger (“L’arte è porre in opera la verità”) dal mondo delle idee a quello dei fornelli d’autore.
E quando si parla di cucina del futuro, Marchesi non ha dubbi perché lui è già lanciato in quella direzione.
“La mia è una cucina di sottrazione, una ‘cucina meno cucina’ – spiega – perché la vera abilità, la vera arte, sta nel togliere e non nell’aggiungere o pasticciare. Solo in questo modo si esaltano le materie prime”.
Secondo lei la cucina del futuro si muove in questa direzione?
“Ritengo di si. Io infatti lo sto già facendo”.
E prendendo in prestito due termini propri di un altro mondo a lui caro, quello della musica, Marchesi precisa che per avere una vera sinfonia di gusto “la cucina dovrà essere sempre più timbrica, non tonale. Dovrà avere, cioè, sapori e colori forti, staccati tra loro. Quella tonale, invece, è un gran minestrone che potrà andar bene per la composizione di un singolo piatto ma non di un menù. E questo, a tutto vantaggio della salute – assicura il maestro – dato che i piatti frutto di una cucina timbrica, creando contrasti, possono dare maggiori stimoli a stomaco e palato ed essere, pertanto, più digeribili”.
Dunque si intravede del nuovo?
“Vedo nuovi spiragli nella cucina del futuro, ma la buona qualità dei prodotti deve restare alla base delle preparazioni. Il gusto poi si modifica e si adatta ai nuovi sapori. Non dimentichiamo che le trasformazioni fanno parte della cultura di un Paese”.
Ci indichi i requisiti della cucina d’eccellenza così come la vede tra 10 anni…
“Il mestiere e la professionalità innanzitutto. Con la sola improvvisazione non si fa strada. Poi le contaminazioni che sono diventate importantissime e che si devono ben integrare con la nostra tradizione e ultimi, ma non meno importanti, passione e intelligenza che consentono di miscelare il tutto”.
Si dovrà scegliere tra natura e scienza?
“La scienza e la ricerca servono per trovare nuovi metodi ma prima di tutto è necessario conoscere le materie prime e capire le loro potenzialità. Penso piuttosto ad una ricetta tutta italiana di biodiversità con fantasia”.
Pensa che aumenterà la tendenza degli italiani a consumare sempre più pasti fuori casa?
“Sono sicuro di sì. Il vero problema è che oggi le donne stanno sempre meno in casa e non si dedicano molto alla cucina. Lo fanno di più gli uomini e forse è arrivato il nostro momento di stare più tra le pareti domestiche. A me sarebbe piaciuto… Peccato che sono arrivato tardi!”.
Rischiamo di perdere la nostra identità a tavola?
“L’italianità è a rischio se diventa internazionalizzazione a tutti i costi, involgarendo la tradizione. La nostra cucina ha radici profonde nel Mediterraneo e abbiamo dalla nostra un microclima che ci avvantaggia. Ciò significa che le materie prime italiane sono ottime e non hanno bisogno di essere lavorate ma solo valorizzate. Questa è la direzione da seguire e perseguire: sapori, non costruzione dei sapori”.
Clara Minissale