Guardatela, studiatela, riguardatela. E’ meglio di un trattato economico, storico o agronomico. C’è la mappa in cui sono suddivisi i 17 territori della Sicilia del vino
, almeno come si mostreranno ai visitatori del Vinitaly che tra qualche giorno apre i battenti a Verona. Un colore, un territorio. E più in quel territorio ci sono stand e produttori di vino, più quel colore è dominante. Il colore più esteso, manco a dirlo, è quello di Trapani e Marsala, è in alto a sinistra. Ma se ci fate caso, ci sono altri due colori che insidiano il primato della parte più occidentale della Sicilia. Non solo il “territorio” di Palermo e Monreale, il verde scuro nella mappa, prevedibile, ma soprattutto – è qui sta la sorpresa – l’Etna con le sue microcantine e il suo microterritorio ormai è una realtà significativa anche in fatto di spazio dentro il padiglione Sicilia. Appena una dozzina di anni fa era impensabile questa crescita, diremmo esponenziale, alla faccia delle masse critiche e del fatto che la Sicilia del vino è un continente come si dice da tempo. Quella dell’Etna è un avanzare tumultuoso se si pensa che si produce pochissimo vino rispetto al resto della Sicilia. Sì, è vero, a guardare bene, se a Marsala e Trapani uniamo Alcamo ed Erice non c’è confronto. Ma se la chiave di lettura del futuro è quella dei territori – e l’Istituto regionale della vite e del vino ne è convinto fortemente – l’Etna emerge in tutta la sua forza. Uno spazio più ampio dentro il padiglione vuol dire un territorio in crescita, aziende sempre più numerose, un’attenzione mediatica che al momento non conosce tregua. Alla fine del Vinitaly si vedrà se anche i numeri e i contatti commerciali stanno al fianco della nuova geografia del vino siciliano.
F. C.