Alberto e Diego Cusumano
C’è anche il Moscato dello Zucco tra i vini che l’azienda Cusumano porterà alla 45esima fiera di Verona. Questo vino dolce è il frutto di un’idea nata sette anni fa.
Un’idea che affonda le sue radici nella ricerca sugli antichi vitigni. Si tratta infatti del Moscato dello Zucco, ricavato da uve zibibbo, uno fra i più antichi vitigni autoctoni della Sicilia che i fratelli Alberto e Diego Cusumano hanno deciso di riproporre. L’idea nasce “nel 2000 – racconta Diego – quando vengono impiantati i vigneti. Nel 2007 la prima vendemmia. Siamo fieri di quanto realizzato”, commenta. Anche perché cominciano ad arrivare le prime conferme: “La nota testata americana ‘Wine Spectator’ lo ha valutato con ben novantadue punti”.
Il dolce moscato farà così capolino al Salone del gusto e dei distillati. E lo fa con tutta la sua storia a seguito. Fu Henry d’Orleans duca d’Aumale, discendente diretto del re di Francia Luigi Filippo, a dar vita al Moscato dello Zucco. Costretto nel 1853 all’esilio in Sicilia, decide di acquistare dai principi di Partanna lo sterminato latifondo di seimila ettari del feudo dello Zucco, nei pressi di Terrasini.
“Con una lungimiranza e intraprendenza imprenditoriale dà vita ad una delle aziende agricole e vitivinicole più floride e all’avanguardia della Sicilia, aprendo canali commerciali nuovi per i vini profumati e inebrianti dell’Italia del Sud”. Tra questi, appunto, il Moscato dello Zucco. “Uno storico vino da dessert dunque che abbiamo riscoperto grazie alle nostre attività di ricerca sui vitigni autoctoni e che abbiamo deciso di presentare in anteprima al Vinitaly. Le uve, moscato bianco – spiega Diego – sono scelte in vigneto e adagiate in un unico strato in cassette forate. L’appassimento avviene in cantina fino alla riduzione del cinquanta per cento del peso iniziale, e dopo una pressatura molto dolce e una decantazione statica di dodici ore, il mosto prosegue la fermentazione in caratelli di rovere in cui rimane fino all’imbottigliamento”. Oltre ottomila le bottiglie prodotte.
Sandra Pizzurro