L’INTERVISTA
Il sociologo Giampaolo Fabris ospite a Sicilia en primeur. “Tanta strada già percorsa ma l’offerta frammentata può rivelarsi un danno all'immagine”
“Sicilia del vino,
avanti tutta”
La Sicilia del vino ha fatto tanta strada, ma le aziende ora devono imparare a comunicare.
Ecco il Fabris-penisero, ovvero l’idea che Giampaolo Fabris, presidente del corso di laurea in Scienze della comunicazione all'Università San Raffaele di Milano e grande esperto di consumi e tendenze soprattutto nel mondo agroalimentare e in quello della moda, si è fatto dell’enologia siciliana. “Fin qui è stato svolto un grande lavoro – ha detto -. Alcune aziende hanno saputo fare da apripista e l’attenzione verso il vino siciliano resta alta. Tuttavia c’è un rischio: l’offerta frammentata, l'incapacità di trasmettere, di comunicare, un territorio possono rivelarsi un danno all'immagine e a farne le spese sarà tutto il settore e sfumeranno in un attimo i progressi fin qui raggiunti”.
Fabris è stato uno dei protagonisti di Sicilia en primeur, la manifestazione organizzata da Assovini Sicilia in cui si presentano in anteprima, per l'appunto, i vini dell'ultima annata a una platea di giornalisti italiani e stranieri del settore. L'intervento di Fabris è stato rivolto al mondo del vino ma a fine conferenza c'è la possibilità di approfondire il tema del giorno: i maxi rincari di molti prodotti alimentari, le abitudini del consumatore italiano. “Le maxi-confezioni di molti prodotti stanno entrando in crisi – ha aggiunto il sociologo -, sostituite con le quantità certe che si intendono consumare. Siamo ormai oltre la cosiddetta sindrome della quarta settimana, bisogna rivedere i consumi e il rapporto con i prodotti dove avvertiamo anche il cambiamento del tradizionale rapporto con la ‘marca’. Stanno aumentando gli “infedeli” nel rapporto col prodotto più riconosciuto e mediatico”.
Insomma un nuovo consumatore è dietro l’angolo: “C’è un momento di difficoltà da parte del consumatore – dice Fabris -, in cui si riscontra stazionalità e regressione per gli acquisti. Ed è la prima volta che ciò si registra nel settore alimentare. Il consumatore sta cambiando pelle: è più competente, selettivo, esigente, attento ai dettagli, più difficile da accontentare”.
Ma c'è qualche prodotto che resiste all'onda lunga della crisi dei consumi e tiene il raffronto con il consumatore? “Il vino può essere uno di questi. Ha ancora un ottimo 'score', perché è percepito come prodotto naturale ed evoluto. Notiamo che è diminuito il consumo ma è aumentato il numero dei consumatori. Ma attenzione. Se da un lato è un prodotto versatile per la grande scelta, è una bevanda di valore e di classe presente nelle cene importanti come elemento di socialità e di ritualità, che si usa regalare e che presenta sempre più codici di femminilità, dall'altro si nota che sul costo, pur se c'è una percezione dell'allargamento della gamma dei prezzi – si può spendere quello che si vuole – al ristorante il costo della bottiglia arriva a prezzi folli. Quasi non esistono più le mezze bottiglie e il vino offerto a bicchiere è spesso di qualità scadente. Su questo i produttori di vino dovranno essere più attenti”.
Quale consiglio dare ai produttori di vino allora? “Certamente di stare più attenti su come il loro vino viene ricaricato dai ristoratori. E' un nodo delicato ma su cui bisogna fare attenzione perché oggi il cliente che va al ristorante e chiede il vino è molto esigente e conosce i prezzi. Per cui i furbi fanno un danno a se stessi e anche all'azienda. E' per questo che vanno premiati quei ristoratori che hanno ampliato l'offerta al calice mantenendo l'alta qualità delle etichette offerte”.
F.C.
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