L’INTERVISTA
Il direttore dell’Irvv: abbiamo superato grossi scogli, ora dobbiamo affrontare il mercato. “Io produttore? No, perché…”
Cartabellotta:
“Il futuro
che ci attende”
La sfida con il vino la vede a lungo termine anche se di tempo non sembra aver voglia di perderne. Dario Cartabellotta, direttore generale dell’Istituto regionale della Vite e del Vino, tira le somme di un anno intenso (il primo all’Irvv, dopo la direzione dell’assessorato regionale Agricoltura), dopo un Vinitaly per un certo senso di rottura rispetto al passato e all’indomani del Concorso mondiale di Bruxellese, ospitato proprio a Palermo.
Cominciamo dal Vinitaly. Com’è andata?
“Abbiamo lanciato l’idea della Sicilia declinata nei suoi diversi territori. Con le postazioni delle aziende associate per zona di produzione. Si parla tanto delle tante realtà del vino della Sicilia e noi abbiamo voluto sottolinearle”.
L’idea è piaciuta?
“Sì, anche ai buyer. Consideriamo che la Toscana ha costruito il proprio successo su pochi vini, noi ne abbiamo decine, siamo un’enoteca naturale. Può essere un punto di riferimento per i prossimi 10 anni”.
Qualcuno ha storto un po’ il naso.
“Diciamo che sono state sconvolte delle abitudini consolidate”.
Possiamo dire che è stato un Vinitaly della svolta?
“Una fortunata ripartenza, con più qualità, meno curiosi e più appassionati in giro per i corridoi. Si sono rivisti tanti operatori”.
E il Concours Mondial de Bruxelles a Palermo, come nasce?
“Nasce due anni fa, dai vertici dell’Irvv, con un testa a testa finale con la Toscana”.
Com’è andata?
“Bene per tre motivi: innanzitutto perché sono venuti, un riconoscimento al lavoro dei produttori. Poi è stata perfetta l’organizzazione, con il contributo dei ragazzi dell’Alberghiero Paolo Borsellino. Infine sono arrivate anche un bel po’ di medaglie”.
Cosa ha imparato?
“L’approccio diretto con il consumatore. La capacità di altri di sfruttare meglio il lato emotivo del vino”.
Sembra che le istituzioni, in alcune occasioni, siano più avanti dei produttori.
“Serve la cooperazione e noi ci crediamo. Non penso siano utili gli schemi consolidati”.
I produttori ci credono?
“Hanno la maturità, se non ci credono ci crederanno”.
Insomma, si deve fare sistema.
“Fare sistema è un’espressione abusata. Diciamo che dobbiamo imparare a creare relazioni, per creare opportunità e mercati”.
Qual è l’anello debole del sistema-vino, in Sicilia?
“Dobbiamo crescere sul lato commerciale. Soprattutto dobbiamo entrare in mercati più alti, senza accontentarci. Le medaglie ce le danno non per caso, ma perché siamo di valore”.
Tiri le somme di un anno.
“Mi sono avvicinato alle imprese, guardando nei dettagli”.
Un’idea per il futuro?
“Tra 3-5 anni aver fatto crescere il vino siciliano”.
Farebbe il produttore di vino?
“No, preferisco affiancarmi ai produttori di vino piuttosto che emularli”.
Vini preferiti?
“Quelli dolci siciliani. Uno spot…”.
Quale?
“Qui si beve per ricordare, non per dimenticare”.
Marco Volpe