LA TESTIMONIANZA
La testimonianza di Andrea Gabbrielli, designato come presidente di una delle commissioni del Concours mondial de Bruxelles ospitato a Palermo
Cronaca
di un capopanel
di Andrea Gabbrielli
Domenica 25 aprile ore 12. Per la commissione n° 27 i lavori del Concours Mondial 2010 sono terminati. Si trattava di identificare i migliori vini in degustazione che quest’anno arrivavano da 49 nazioni. Il giudizio era affidato a 280 giurati, suddivisi in oltre 50 commissioni, provenienti da più di 40 paesi: un coacervo di culture, conoscenze, sensibilità e professionalità assai diverse.
Come presidente della mia commissione vado a ritirare dagli organizzatori la codifica dei vini degustati in mattinata – avevamo iniziato verso le 9 - e distribuisco le copie agli altri giurati. Ancora una volta le previsioni sulla provenienza dei vini assaggiati di qualcuno dei commissari, si sono dimostrano azzardate. Cercare d’indovinare cosa si sta assaggiando è uno degli sport più praticati durante il Concours Mondial e i miei compagni di viaggio, José Hidalgo Togores, un enologo spagnolo e i giornalisti Toshio Matsuura, giapponese ma residente in Francia, Adams Geoff, inglese, Norbert Heine, tedesco, chi più chi meno, hanno provato a sbilanciarsi. Ma imbroccare il paese d’origine non è affatto facile. Tanto per dare un’idea a noi sono capitati vini dal Lussemburgo, Spagna (Aragona, Ribera del Duero, Cava), Francia (Loira, varie tipologie di Bordeaux, Languedoc Roussillion, Vallée du Rhone), Italia (Chardonnay di varie regioni italiane), Svizzera (Vaud) e poi da Cina, Argentina, Brasile, Messico, Cile. Insomma, brevi cenni sull’universo enologico.
Degustare, tra le altre cose, significa organizzarsi una propria personale banca dati di profumi e di sapori che si costruisce con il tempo, l’esperienza e la consuetudine con i vini di una zona. Districarsi tra vini messicani, cinesi oppure svizzeri per non dire lussemburghesi – tutti praticamente introvabili in Italia – per fissare degli elementi di riconoscibilità, è veramente difficile soprattutto perché ormai vini buoni se ne fanno davvero dappertutto e manifestazioni come il Concours Mondial lo dimostrano ampiamente Per questo le valutazioni individuali possono essere assai discordanti e giustamente ciascun vino viene assaggiato da panel diversi. Poi, sempre per cercare di arrivare a una certa omogeneità, nella fase di elaborazione dei giudizi i voti più alti e più bassi vengono eliminati.
Il capopanel può intervenire sui giurati ma è più una questione di “moral suasion” che un atto d’imperio. Non nascondo che però di fronte a certi giudizi ingiustificati – nel bene e nel male- è davvero difficile essere tolleranti. Come nel caso di un vino al di sopra della media, almeno per ¾ della commissione, ma eliminato (sic) da un solo membro della giuria. O ancora l’atteggiamento di fronte ad un vino che presenta sentori di sudore di cavallo, pelle di animale, medicinale, ecc. tutti indicatori di un’alterazione dovuta ad un lievito denominato Brettanomyces (familiarmente detto Brett) di fronte al quale le differenze di valutazione possono essere notevoli.
C’è chi lo considera un pregio anzi un arricchimento del profumo– e può capitare con molti giurati francesi ma anche di altre nazionalità, italiani compresi- e chi, come il sottoscritto, lo considera un difetto. Disarmante la constatazione sul livello di conoscenza del vino italiano in generale. Al di là di un gruppo di specialisti molto ristretto e a parte i soliti famosi (Barolo, Chianti, Amarone, ecc.) il nostro Paese, per non parlare della Sicilia, è sconosciuto ai più e anche i giudizi risentono di questa scarsa dimestichezza. Insomma c’è ancora tanto da fare e manifestazioni come il Concours sono un buon veicolo per farsi conoscere meglio.
L’anno prossimo si ripete in Lussemburgo e chissà come sarà la mia commissione. Una cosa è certa un’edizione così intensa come quella siciliana, sarà davvero difficile da replicare.