L’INCHIESTA
Gomito a gomito con l’apicoltore Carlo Amodeo durante le fasi più cruciali della produzione. I vantaggi dell’apis mellifera sicula, una specie che ha resistito alla moria e ora viene venduta anche all’estero
Come nasce il miele
Circa 800 aziende apistiche, oltre 100 mila alveari dai quali si ottengono all´incirca 30 mila quintali di miele. Sono questi i numeri dell´apicoltura siciliana. Ma come si produce il miele e quali sono le problematiche che gli apicoltori si trovano ad affrontare?
“Il miele è la sostanza alimentare che le api producono partendo dal nettare dei fiori che esse raccolgono, trasformano, combinano con sostanze proprie e depongono nei loro favi”, spiega Carlo Amodeo, apicoltore di Termini Imerese, in provincia di Palermo. A fine aprile i favi (o melari) sono pieni e possono essere prelevati dai nidi, cassette depositate normalmente in corrispondenza delle fioriture interessate. Amodeo ha disposto degli alveari anche in alcuni agrumeti di Ciaculli, da cui ottiene un miele di mandarino particolarmente apprezzato dal mercato. “Una volta entrati in azienda i favi vengono disposti in una camera a temperatura controllata, al fine di eliminare l´umidità che, se eccessiva potrebbe determinare la fermentazione e un conseguente deterioramento del prodotto. Quando il livello di umidità è ottimale – prosegue l´imprenditore – i telaini vengono disopercolati, ovvero privati dei tappi di cera con i quali erano stati sigillati dalle api, e successivamente centrifugati”. A quel punto il miele viene filtrato e successivamente lasciato decantare all´interno di grandi contenitori in acciaio. Dopo una decina di giorni può essere confezionato e venduto. La cera che rimane viene riutilizzata per produrre fogli da porre nei telaini e sui quali le api chiuderanno le cellette. Così si risparmia lavoro alle stesse api nella realizzazione dell´alveare e miele, poiché per produrre la cera le api ne hanno bisogno. “I fogli presentano già le sagome “a femmina”, più piccole di quelle “a maschio” – precisa Amodeo – perché conviene che nascano api operaie, molto più produttive, non fuchi che non hanno alcuna funzione se non quella di accoppiarsi con la regina”. Carlo Amodeo, che alleva oltre 1.500 alveari e produce circa 30 tonnellate di miele l´anno, sembra non avere subito alcun problema di moria perché le sue non sono le Apis mellifera ligustica ma le più rustiche Apis mellifera sicula, da poco presidio Slow Food, che sono anche molto più calme rispetto alle altre, con una serie di vantaggi gestionali non indifferenti. Un business per Amodeo, che le vende anche all´estero in pacchi da un chilo e mezzo, anche perché è l´unico apicoltore siciliano iscritto all´albo nazionale degli allevatori di api e che le possiede in purezza.
Intanto dall´assessorato regionale all´agricoltura continua il monitoraggio della situazione delle famiglie d´api dell´Isola. “Il ministro Luca Zaia ha dichiarato che per effetto della sospensione dei neo-nicotinoidi in Italia si è arrestata la moria delle api, ma a livello regionale non va esattamente così”, spiega Maria Rosa Battiato, referente della filiera miele per l´assessorato regionale all´agricoltura. “Gli apicoltori – prosegue la dirigente – ci dicono che il problema da noi è legato soprattutto al minore utilizzo di antibiotici, in seguito alla diffusione delle buone pratiche, che lascia le famiglie più esposte alle patologie. Sarebbe utile fare un censimento della consistenza delle famiglie anche ibride di ape sicula nell´Isola per capire quanto si sia diffusa e potere intervenire eventualmente con strategie mirate”. Che l´ape sicula sia la soluzione? Ai posteri l´ardua sentenza.
Intanto ciò che è certo è che l´ape riveste un ruolo importante per il mantenimento degli equilibri agronomici e per lo sviluppo dell´agricoltura poiché è insetto impollinatore di oltre l´80% delle piante. Un´importanza sintetizzata da una celebre frase di Albert Einstein: “Se un giorno le api dovessero scomparire, all’uomo resterebbero soltanto quattro anni di vita”.
Annalisa Ricciardi