L’INCHIESTA
Nonostante la concorrenza dei prodotti sintetici, quelli di sughero restano i più adatti per i vini di qualità. Ecco cosa dicono i maggiori produttori del mondo
Questione di tappo
Il tappo di sughero è in via di estinzione? Con una superficie mondiale coltivata a sughere (Quercus suber) pari a oltre due milioni di ettari e una produzione di oltre tre milioni di quintali concentrati nel Mediterraneo sembrerebbe un’ipotesi lontana.
Ma dopo i recenti allarmi lanciati su una possibile maggiore difficoltà di reperimento di materia prima di qualità, abbiamo girato la domanda agli operatori del settore: c’è chi rimane incredulo e chi parla di un pilotaggio dei chimici della plastica. La verità, forse, potrà dircela solo il tempo.
Intanto, dalla Amorim Cork, leader mondiale nella produzione di tappi da sughero con una produzione che supera i tre miliardi di pezzi l’anno, fanno sapere che la loro produzione è rimasta costante. Il gruppo portoghese, con sedi in tutto il mondo, acquista in Portogallo, Spagna e Marocco circa 30 milioni di tonnellate di materia prima che poi trasforma nella sede centrale e rifinisce nelle periferiche. “Assistiamo ad un assestamento del mercato per il consumo di sughero ma anche del sintetico, con la differenza che per questo tipo di tappi le previsioni per i prossimi anni sono negative”, spiega Carlos Santos, dirigente generale della Amorim Cork Italia. Che precisa: “Le cantine stanno iniziando a mettere in discussione le chiusure alternative, rivalutando dall’altro canto quelle tecniche in sughero”.
Secondo Pedro Almeyda, amministratore delegato della Alvaro Coelho Sugheri Italia, si assiste più che altro ad una evoluzione della domanda. “I wine maker cercano tappi di sughero di qualità sempre superiore – spiega – e questo determina un aumento degli sfridi, che vengono utilizzati per realizzare tappi agglomerati o riciclati in pannelli per l’edilizia”. Ciò probabilmente è legato al fatto che i tappi di sughero meno pregiati sono stati negli ultimi anni sostituiti dai più economici tappi in silicone, che però non sono riusciti a prendere il posto del sughero laddove questo è indispensabile, ovvero nei vini di qualità. “Il sughero permette la micro ossigenazione del vino, che può in questo modo evolvere nel tempo – prosegue Almeyda – e per quanto possano essere comodi i tappi a vite o quelli in silicone, certamente non possono permettere al vino di respirare”.
I prezzi variano da 3 centesimi, per gli agglomerati di sughero con colle alimentari, a un euro per quelli più pregiati da gran cru. L’azienda, che con un miliardo di tappi prodotti ogni anno e venduti principalmente in Usa, Argentina, Cile, Francia e in Italia (soprattutto al settentrione e in Toscana) si colloca nella top ten a livello mondiale, per ottenere la qualità utilizza le cortecce di sughero portoghesi della zona dell’Alentejo, al confine con la Spagna. In Italia l’area più vocata è la Sardegna, e precisamente il territorio di Calangianus in Gallura. Un vero e proprio distretto del sughero che conta circa 15 produttori tra i maggiori d’Italia e che contribuisce, assieme alla Sicilia e alla Toscana, per il 10% alla produzione mondiale. “Il vino e il sughero sono due materie vive che si integrano tra loro e questo fa si che il tappo introdotto da Dom Perignon nel ‘700 abbia ancora un grande valore”, spiega Nino Scampuddo dell’azienda Molinas, proprietaria di quattro mila ettari di sughereta e che, con una capacità di 2 milioni di tappi al giorno, produce ogni anno oltre 500 milioni di pezzi, rifornendo cantine come Corvo e Pellegrino. “Il mercato principale è quello italiano, anche se abbiamo due filiali in Francia, una in Germania, una in Argentina e due contatti in Russia e Israele”, dice Scampuddo.
Le linee di produzione sono quattro: la prima per tappi naturali monopezzo, la seconda per tappi tecnici agglomerati, la terza per tappi tecnici da spumante e la quarta per la produzione di isolanti per l’edilizia, che permette di utilizzare il sughero non adatto alla produzione di tappi. Infine, le polveri che restano vengono bruciate per la produzione di energia. “C’è da dire che dal 2003 in poi, ovvero da quando sono entrati nel mercato i tappi alternativi, c’è stata un’innegabile flessione dei consumi di quelli in sughero – precisa – e alcune piccole aziende hanno anche chiuso”. Tra queste, alcuni fornitori della fabbrica Sea For di Santa Giusta (Orestano). “Noi ci occupiamo di trasformazione e produciamo oltre 120 mila quintali all’anno di sughero , ma i consumi sono diminuiti e ci sono produttori che hanno il prodotto fermo in azienda da un anno e mezzo – denuncia il titolare, Bernardo Demurtas. Che conclude: “Di sughero ce n’è in abbondanza, solo che in alcuni casi non si riesce a venderlo nemmeno in pianta”.
Annalisa Ricciardi