Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 8 del 10/05/2007

IL PRODOTTO: Riecco la lenticchia di Villalba

10 Maggio 2007
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    IL PRODOTTO

Nasce nel Nisseno il consorzio dei produttori. Negli ultimi quarant’anni era stata retrocessa a “coltura minore”, poi lo stop: troppo complicata la mietitura a mano. Adesso un gruppo di imprenditori agricoli, undici in tutto, stanno provando a rilanciarla

Riecco la lenticchia di Villalba

Ha retto l’economia di Villalba (nel Nisseno) per oltre 30 anni. I sacchi di iuta che la trasportavano raggiungevano, nel dopoguerra, anche gli Stati Uniti, il Canada e la Francia. Era ormai divenuto un vero e proprio marchio tanto che il nome di Villalba veniva associato a questo legume: la “lenticchia di Villalba”, suonava come la pesca di Bivona e i vini di Corleone.

produttori_lenticchie.jpgPoi, intorno agli anni Sessanta, il declino della produzione e l’involuzione in coltura minore. Adesso un gruppo di imprenditori agricoli, undici in tutto, stanno provando a rilanciarla e con questo obiettivo hanno creato, in questi giorni, il Consorzio della lenticchia di Villalba. Un percorso nato circa quattro anni fa e che ha già dato i suoi frutti, anche se ancora piccoli. Come lenticchie.
La coltivazione di questa particolare varietà, più grande delle altre e di colore verde, è passata dai 3-4 ettari del 2001 ai circa 30 ettari del 2007 e si prevede un trend in crescita anche nei prossimi anni, grazie anche alla spinta del nuovo consorzio, presieduto da Angelo Alessi. «C’era un nome – ricorda Alessi – ma non c’era più la produzione. Ed era un peccato perché è un prodotto molto buono, dal gusto intenso e quando si cuoce non si sfalda».
Sono numerose le caratteristiche di questo legume, a partire dal gusto, ma anche la commestibilità. Inoltre, secondo gli studi effettuati dal Cnr di Bari, si caratterizza per un elevato contenuto proteico (27,1 g su 100 g di sostanza secca), basso tenore in fosforo e potassio (rispettivamente 312 e 812 g su 100 g di sostanza secca), e per l’elevato contenuto in ferro (18 g su 100 g di sostanza secca). Inoltre, nonostante il tempo di cottura elevato, circa 58 minuti, una delle sue caratteristiche è proprio quella di non sfaldarsi.
Perché, allora, nonostante le sue ricche proprietà organolettiche e nutritive, la produzione rischiava perdersi? Due ostacoli si sono presentati ai produttori di lenticchie. Il primo è stato la necessità di numerosa manodopera: parte della mietitura, da giugno a luglio, che si realizza ancora a mano con le piante che vengono disposte a covoni e fatte essiccare all’ombra, tecnica che garantisce il colore verde al legume. Fu questo, quarant’anni fa, a dissuadere i coltivatori che dovevano affrontare spese troppo elevate. «Inoltre – spiega Roberto Malta, agronomo e vicepresidente del Consorzio – negli ultimi anni si è venuto a creare un problema di carattere sanitario con la piante che venivano colpite da una particolare malattia e da alcuni parassiti. Solo dopo aver superato queste difficoltà, anche grazie all’aiuto dell’Istituto di Patologia vegetale di Roma (uno dei migliori in Europa) si è potuti tornare alla produzione».
Così è partito il Consorzio i cui 11 soci hanno un’età media di 26 anni. Si è realizzato anche un logo e si è fatto uno studio sul packaging. «Adesso – continua Malta – l’obiettivo è il riconoscimento comunitario». Per quest’anno si prevede una produzione di circa 400 quintali, con un buon venti per cento che però non verrà commercializzato, ma che sarà conservato come seme. «Realizzeremo una “selezione massale”, cioè definito lo standard della pianta elimineremo quelle che non lo rispettano per salvare geneticamente la cultura». Il prezzo di vendita è di 5 euro al chilo.

Salvo Butera