IL PERSONAGGIO
L’imprenditore di Pantelleria è famoso non solo per il suo passito ma anche per la coltivazione del prodotto. “Da sempre selezioniamo le varietà migliori per realizzare il famoso nocellaro”
Ferrandes,
che capperi!
E’ certamente più conosciuto il suo ottimo passito di Pantelleria Doc prodotto da uve di Zibibbo. Ma il nome Salvatore Ferrandes è legato anche ad un altro prodotto della perla nera del Mediterraneo a circa 120 chilometri da Trapani. Chi ha avuto modo di assaggiarlo fra gli intenditori, infatti, dice che il cappero targato Ferrandes sia il più buono in assoluto. Lui però mette le mani avanti e dice che il merito non è suo ma di terreno e clima della sua bella isola natale.
“La mia famiglia – racconta Ferrandes - si dedica alla coltivazione del cappero da almeno cinque generazioni. E dico solo cinque perché non si hanno notizie degli antenati. Quello che si sa è che Pantelleria è stata da sempre un’isola votata all’agricoltura piuttosto che alla pesca”. A proposito della bontà e della qualità del prodotto Ferrandes poi aggiunge: “L’unico merito che è possibile attribuire all’uomo riguarda la selezione delle piante. Da sempre il contadino di Pantelleria – dice – selezione le varietà migliori di cappero per produrre il famoso nocellaro, frutto consistente e pregiato dal profumo unico, e ben diverso da quello selvatico a testa di lucertola, schiacciato e a punta morbida molto meno pregiato”.
La produzione delle circa 1500 piante targate Ferrandes vanta una media di 25 quintali annui. La maggior parte però (circa il 90%) prende il volo per Svizzera e Germania. “Rapporti commerciali che – dice Ferrandes – mi hanno dato da 25 anni a questa parte molta soddisfazione, soprattutto quelli con un’organizzazione di commercio equo e solidale svizzera che si occupa del confezionamento del prodotto che già tutti questi fa aveva dei canoni legati all’agricoltura biologica che per me – conferma – è una scelta imprescindibile”.
Quanto al cappero Salvatore Ferrandes ama gustarlo come da tradizione: “A Pantelleria – dice – non c’è mai stata una cultura del cappero cucinato. Personalmente amo gustarlo aggiunto alla famosa insalata pantesca con patate bollite, pomodoro, cipolla, origano, basilico, e qualche oliva”.
Piera Zagone