IL PIANO
Tolleranza zero contro le frodi per tutelare le denominazioni Dop e Igp. E dai consorzi di Modena e Reggio Emilia arriva l’allarme: boom di marchi clonati all’estero
La guerra
dell’aceto balsamico
Tolleranza zero contro le frodi. I Consorzi dell’aceto balsamico di Modena e di Reggio Emilia muovono guerra all’agropirateria. Il piano d’attacco è stato presentato a Roma presso il ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali durante il convegno “La tutela delle denominazioni Dop e Igp a livello nazionale e internazionale: il caso del ‘balsamico’ a confronto con altre denominazioni”.
L’entità del fenomeno rende questo prodotto una delle denominazioni più contraffatte italiane, dopo il Parmigiano Reggiano, con un danno di 60 milioni di euro. A rischio 380 produttori ed un volume di quasi 110 milioni di litri prodotti all’anno.
Durante l’incontro sono state discusse le attività di promozione e azioni legali da mettere in campo soprattutto all’estero, dove va a finire il 75% della produzione. Come spiega Sergio Mazzetti, presidente del Consorzio Aceto Balsamico di Modena: “Da quando l’aceto è Igp all’estero è aumentato l’interesse delle industrie che hanno continuato a produrre sempre più copie. Utilizzando il nome balsamico per indicare prodotti di dubbia qualità, che ricordano caratteri italiani. È facile trovare un prodotto tedesco venduto con la scritta aceto balsamico in italiano e sullo sfondo, in etichetta, la campagna toscana”. A risentire dell’imitazione però sono anche le due Dop Aceto Balsamico Tradizionale di Modena e di Reggio Emilia. Anche se prodotti di nicchia, invecchiati da 12 a 25 anni e con un costo variabile dalle 500 alle 1000 euro. Per quanto riguarda il contrasto del fenomeno, cresciuto negli ultimi dieci anni del 950%, al convegno è stata portata la case history del Parmigiano Reggiano con le vittorie legali vinte, come esempio da seguire dal punto di vista giudiziario. “Anche noi già una ne abbiamo vinta – dice Mazzetti-. Contro un contraffattore tedesco che spacciava per aceto balsamico un aceto greco. Ma di nuove ne faremo. Solo facendo un po’ di pressione giuridica, possiamo ottenere qualcosa. Dobbiamo arginare questo ruscello prima che diventi un fiume”. Ma se negli Usa rimane in percentuale uno degli italian food più copiati anche in Italia, testimonia il presidente, fa gola per i margini di guadagno che garantisce tanto che si è diffuso un prodotto chiamato semplicemente ‘balsamico’, che utilizza gli stessi claims che un consumatore vorrebbe vedere su una bottiglia di Aceto Balsamico di Modena (aggettivi qualificativi, anni, numeri) e gli stessi ingredienti. Urgenti quindi le campagne di informazione in programma: “Non solo si deve aiutare a distinguere i falsi. Vogliamo anche contenere una cattiva informazione che circola sull’uso del caramello demonizzandolo – ribadisce -. Il consumatore va informato che si tratta di un coadiuvante alimentare che non compromette la qualità del prodotto, anzi che è previsto dal disciplinare di produzione in una quantità non superiore al 2%. Lo si usa solo per stabilizzare il colore, perché l’aceto divino può dare colori diversi. Ammesso solo per Igp. Mentre per le Dop non viene utilizzato perché è l’ossidazione a rende scuro il prodotto”.
Manuela Laiacona