L’ANALISI
La moneta in difficoltà favorisce le esportazioni. Gli imprenditori del sud Italia ottimisti ma cauti: “Solo lievi segnali di ripresa”. E tentano la strada dei mercati americano e giapponese
Euro debole,
produttori forti
Mentre l’euro va giù, l’umore dei produttori sale. Come se fossero due piatti di una bilancia. L’attuale debolezza della nostra moneta, soprattutto se confrontata con il dollaro dà invece forza alle esportazioni. E chi gestisce un’azienda ne è consapevole.
Lo stesso Salvatore Parano, direttore dell’ufficio palermitano dell’Istituto per il commercio estero, su cronachedigusto.it ha chiarito questo aspetto un paio di settimane fa. Ma per i produttori è ancora presto per far festa, perché il peso della crisi continua a farsi sentire.
Per averne un’idea basta fare attenzione alle parole di Piernicola Leone De Castris, al vertice di un’importante azienda di vino pugliese che da lunga data esporta negli Stati Uniti: “Per anni l’euro è stato molto forte e questo ha certamente penalizzato le esportazioni. Il fenomeno attuale, invece, con la ridefinizione del cambio dell’euro con altre monete potrebbe contribuire ad una ripresa economica. Un tempo, infatti, con la lira debole nel settore delle esportazioni si viaggiava a grandi ritmi”. Poi però tira il freno. “Ma occorre avere calma e pazienza. I segnali di ripresa sono ancora troppo pochi. E anche se l’andamento generale fa ben sperare rispetto al 2009, meglio aspettare la fine dell’anno per dare giudizi. Se ci sarà una vera ripresa avverrà non prima del 2011”.
La debolezza dell’euro, intanto, potrebbe dare una spinta in più. “Soprattutto nelle esportazioni verso gli Usa – commenta Alessandro Alì, direttore commerciale e di marketing dell’azienda toscana Ambrogio Giovanni Folonari Tenute –. Quello americano è il mercato più importante, ma la ripresa è meno forte di quello che si sperava soprattutto nel campo del vino. Il motivo? Si è modificata la fascia di acquisto e c’è un riposizionamento del mercato a livello di prezzi. Se c’è una ripresa di certo non si riparte dal punto in cui era cominciato il declino un paio di anni fa. In Europa? Non c’è molta differenza. Bisognerebbe tentare maggiormente la strada del marketing e investire di di più sul made in italy”.
Le difficoltà sono più evidenti nel caso di piccole aziende che però puntano molto sulla qualita. “Non siamo un’azienda di grandi dimensioni – spiega Mariangela Cambria che si occupa di marketing e comunicazione nell’azienda etnea Cottanera –. Noi facciamo 300 mila bottiglie, quindi sentiamo molto la crisi, perché non abbiamo grossi numeri, ma vendiamo vini di fascia alta. E in un momento in cui all’estero stiamo assistendo all’avanzata di Paesi emergenti come il Sudafrica, il Cile o la Nuova Zelanda, ci rendiamo conto che la concorrenza è forte. L’euro debole, quindi, non basta, anche se è un aiuto in più. L’altra mano ci arriva dalla nostra terra, dall’Etna, una carta che dobbiamo saper giocare bene nel prossimo futuro”.
Meglio comunque approfittare dell’andamento della moneta e tentare la strada delle esportazioni. E non vale solo per il mondo del vino. Il produttore di formaggio Salvatore Passalacqua di Castronovo di Sicilia lo sa bene: “Anni fa negli Stati Uniti si esportava con grande facilità. Poi un periodo di fermo quasi totale legato alla svalutazione del dollaro. Ma non solo. Sono l’unico a produrre la tuma persa, dunque, per gli americani era diventato proibitivo acquistare un prodotto di fascia alta. Questo invece potrebbe essere il momento della ripresa, anche se non appare così immediata. Quel che ho notato è il ritrovato interesse dei buyer americani verso i nostri prodotti. Prevedo che prima dell’autunno la situazione dovrebbe migliorare”.
Stessa situazione per l’olio. Secondo Monica Amari, che a Castelvetrano produce olio da Nocellara del Belìce con il marchio Loconovo, bisogna capire dove consumare l’olio. “L’euro debole – commenta – di certo agevola le esportazioni negli Stati Uniti o in Giappone. Noi vogliamo dedicarci soprattutto al paese del Sol Levante, anche se sarà necessario portare avanti un progetto di valorizzazione. Ma è il momento di puntare anche al mercato inglese”. E in Europa? “Per un prodotto come l’olio è indispensabile dedicarsi molto alla promozione. Basti pensare che nei paesi scandinavi ritengono che non è necessario utilizzarlo. Una strada nuova da tentare? Quella dell’aceto siciliano. Anzi, lancio un appello: vorrei sapere se esiste un produttore che ha la madre dell’aceto siciliano”.
Gaetano La Mantia