L’AZIENDA
In enoteca il primo “esperimento” su questo vitigno in arrivo da Feotto dello Jato. L’enologo: “Chi lo ha assaggiato a Bordeaux lo ha trovato molto elegante”
I love Pinot nero
Il motto? L’unione fa la forza. Nessun dubbio per Calogero Todaro, direttore commerciale di Feotto dello Jato, l’azienda di San Giuseppe Jato (Palermo) che si vanta di imbottigliare la Doc “più alta della vallata” nel senso di latitudine e contemporaneamente guarda con curiosità a vitigni come il Traminer e il Pinot Nero.
A tenere le redini dell’azienda due nuclei familiari, sette soci, 120 ettari con una proprietà che sfiora il territorio di Portella della Ginestra a 850 metri sul livello del mare. Insomma quasi venti ettari messi a disposizione da ciascuno dei proprietari. Ognuno con un ruolo. Il presidente è Giuseppe Vitale, il direttore commerciale è Todaro, l’enologo è il trentenne Nicola Colombo.
I numeri parlano di dodici etichette, 300 mila bottiglie distribuite in dieci Paesi nel mondo (Giappone, Germania, Danimarca, Usa, Spagna soprattutto canarie, Svizzera, in Francia già da due anni, nei paesi scandinavi, Belgio e Canada).
Todaro, il vostro principio è che uniti si fa meglio.
“Esattamente. Abbiamo messo insieme ognuno venti ettari per poter essere presenti, visibili e realizzare un progetto vincente”.
Come avete cominciato?
“Siamo viticoltori e vinificatori da sempre, io sono nato con le botti intorno, le vasche in cemento in magazzino. L’uva si portava in paese con le ceste da cento chili”.
Cosa vuol dire “azienda di nicchia”?
“La nostra è un’azienda di nicchia, fino a qualche anno fa fare nicchia era fare 50 mila bottiglie. Adesso le cose sono cambiate”.
Cosa vedete per il vostro futuro?
“Puntiamo molto sull’estero. Per la prossima vendemmia stiamo valutando di realizzare il biologico”.
La parola all’enologo. Nicola Colombo ci parla del Pinot Nero?
“Abbiamo piantato un ettaro e mezzo, facciamo delle prove, l’obiettivo è farne cinquemila bottiglie. Lo stesso esperimento lo stiamo portando avanti con il Perricone che in Italia si trova dopo aver fatto 24 mesi in barrique”.
Come va l’avventura con questo vitigno?
“Il Pinot nero, in assoluto, è il più difficile sia per l’incostanza negli anni ma anche dal punto di vista la vinificazione. La prima esperienza risale al 2005, mai commercializzata, adesso in commercio si trova il 2006. Chi lo ha assaggiato a Bordeaux lo ha trovato molto elegante”.
E il biologico? Anche su quel fronte avete un progetto.
“Finora ci ha fermato la burocrazia. Ma adesso ci rendiamo conto che il mercato lo chiede”.
M.V.