L’AZIENDA/2
E’ il vino della cantina Colacino, celebrato anche dalla penna dello scrittore-regista Mario Soldati lungo la valle del Savuto. Oggi frutto di una viticoltura di montagna da premio Oscar. Il titolare: “Siamo riusciti ad ottenere i risultati qualitativi migliori nonostante un territorio impervio e difficile da gestire”
Calabrese
ed estremo
In Calabria c’è un vino estremo, frutto di un territorio unico ed impervio su cui la penna di Soldati, non ha potuto fare a meno di soffermarsi. Parliamo del vino dell’azienda Colacino, nata dalla passione di Vittorio Colacino, un medico condotto del piccolo comune di Marzi, a pochi chilometri da Cosenza. Oggi retta dai figli Mauro e Maria Teresa è un realtà enologica piccola e battagliera.
Per capirla, prima ancora di bere i suoi vini, basta gettare uno sguardo sui vigneti. E combattendo il senso di vertigine ammirarli, 18 ettari in tutto, incastonati nella profondità della gola scavata dal fiume Savuto. Solo provando questa esperienza visiva si possono capire le parole di Soldini sui vini di Vittorio Colacino: “Il vino va bevuto la dove nasce”. Infatti questa è l’azienda Colacino, uno scorcio su terrazze che disposte ad anfiteatro degradano da un’altezza di 500 metri con una pendenza del 60 per cento. Opera di tenacia e di compromesso tra uomo e natura, da cui nasono quattro vini: due il Quarto, blend di Pecorello e Malvasia e l’Amanzia, un Magliocco Canino in purezza; e due Savuto Doc, il Vigna Colle Barabba ed il superiore Britto. “Quì c’è una condizione pedoclimatica particolare. Ci sono correnti che attraversano la gola che mantengono fresco il clima e che non consentono il proliferare di muffe. C’è anche un’ottima esposizione, le nostre vigne sono sempre al sole, rimane però un territorio ostico da coltivare”, spiega il giovane produttore Colacino che ha dovuto letteralmente strappare alla montagna le terrazze . “Abbiamo scavato per due anni per ottenere lo spazio su cui potesse essere consentita la meccanizzazione. E ci siamo riusciti, volevamo un sistema che potesse farci ottenere i risultati qualitativi migliori. Ecco perché abbiamo anche predisposto per ogni terrazza solo tre filari distanziati due metri l’uno dall’altro”. Partiti da mille bottiglie l’azienda ne produce 80 mila. Volume che testimonia come la viticoltura di montagna non soffre, e che in mano a giovani può essere la chiave di rilancio della storia enologica calabrese, in Italia e nel mondo. A dimostrarlo l’essere stata scelta, con etichetta esclusiva, come azienda per celebrare Mario Fiore, direttore della fotografia, nato a Marzì, vincitore del premio Oscar per il film Avatar.
Manuela Laiacona