IL PRODOTTO
Il mondo della grappa, in Italia, conta 136 distillerie, con oltre 500 imbottigliatori per 3.000 marchi. Il presidente dell’Istituto Nazionale Grappa: “Non è più un prodotto rude, all’estero stiamo guadagnando terreno”
La riscossa
dell’alambicco
Leggendo i numeri e chiudendo gli occhi, potete già sentirne anche il profumo. Quell’odore intenso e coinvolgente della grappa, come perdersi in un abbraccio. E in Italia la grappa di strada ne sta facendo davvero tanta, con punte di crescita notevoli.
In coda, per una produzione limitata rispetto ad altre regioni, restano ancora Val D’Aosta e Sicilia anche se proprio quest’ultima, secondo Cesare Mazzetti, presidente dell’Istituto Nazionale Grappa, ha una buona la possibilità di espansione, essendo un territorio di produzione vitivinicola di eccellenza. E proprio per l’Isola, il 19 giugno del 2007 il Parlamento europeo ha riconosciuto l’indicazione geografica tipica per la Grappa di Sicilia e la Grappa di Marsala.
Il Paese, in totale, raggruppa 136 distillerie, con oltre 500 imbottigliatori per 3.000 marchi. La produzione, nel 2009, si attesta sui 44 milioni di bottiglie per 30 milioni di litri. Il giro d’affari si aggira intorno ai 350 milioni di euro. “La regione con un più alto numero di produttori – dice Mazzetti – è il Veneto, seguita dal Piemonte. Vengono dopo il Friuli, il Trentino, la Lombardia e l’Alto Adige”. Dal punto di vista qualitativo, diversa è la classifica. “La grappa – spiega il presidente – risente molto della regionalità. A livello qualitativo, se parliamo di grappa tradizionale, in purezza, si piazza prima il Piemonte. Per quelle aromatiche, bisogna preferire una zona di produzione di montagna, e qui c’è il sorpasso dell’Alto Adige. La grappa è il distillato che più segue le caratteristiche qualitative del vino d’origine”. L’alta gamma, secondo Mazzetti, corrisponde circa al 40% della produzione italiana annuale, grazie a uno spostamento verso le monovitigno, le più richieste e pregiate.
La parola grappa deriva probabilmente dal piemontese rapa o dal lombardo grapa, termini che si riferiscono alla vinaccia. Per tradizione, cultura e legge, la grappa è solo italiana. Il regolamento 1576/89 dell’Unione Europea ha infatti recepito i valori intrinseci del prodotto riservando unicamente all’acquavite italiana la possibilità di denominarsi grappa. La Repubblica Italiana, con il decreto 297/97, ha poi definito nei particolari le norme di produzione e di designazione. “La grappa – dice Mazzetti- è solo italiana, e abbiamo il disco verde per l’esportazione. Purtroppo soffriamo di un retaggio antico, che vedeva la grappa come un prodotto rude ed economico e come tale è rimasto nella percezione di molti stranieri. Ma adesso il nostro prodotto sta recuperando terreno grazie soprattutto ai ristoranti italiani all’estero. Ad esempio, ‘Grappa’, si chiama il ristorante dell’hotel Continental a San Francisco, e vi si servono tanti tipi di grappa italiana. Inoltre, alle sfilate di Los Angeles dello scorso anno, era stato creato un ‘grappa lounge’ a cura dell’Ice, un angolo relax dove erano serviti grappe e vini”.
Importante anche il design, curato moltissimo dai produttori di grappa senza trascurare però il prodotto. In Sicilia, ad esempio, Claudio Bianchi, distillatore di Marsala, ne fa un cavallo di battaglia della sua azienda, presentando bottiglie trasparenti ed eleganti. Bianchi, a maggio scorso, ha anche bandito il primo premio “Bianchi Arte”, un concorso di pittura finalizzato alla realizzazione della nuova etichetta “Grappa di Sicilia Barrique”. Lo scopo dell’iniziativa era quella di richiamare giovani artisti in grado, attraverso le opere, di esprimere il giusto connubio tra l’arte e la cultura imprenditoriale.
E di design parla anche Maurizio di Robilant, dello studio RobilantAssociati, in un testo pubblicato su GrappaTime. “Il design – afferma – è una leva al servizio di una profonda e chiara strategia, ci sono un sacco di belle cose che non hanno contenuto. La bellezza, è un valore ma se non ha contenuto non vale niente”. E oggi basta nelle enoteche, nelle vetrine dei bar, etichette e bottiglie di grappa scintillano come sotto i riflettori. Sono dei veri e propri pezzi preziosi.
Sul fronte dei consumi, cala l’entusiamo di Mazzetti. “Purtroppo – spiega – il panorama non è dei migliori, a causa di un restringimento del consumo degli alcolici, per leggi sulla guida, ma anche per una presa di coscienza di tipo salutisco che induce la gente a bere di meno. Ma nonostante tutto, negli ultimi 15 anni, c’è stato un allargamento della base dei consumatori, estendendo il piacare della grappa alle donne a i giovani tra i 30 e i 45 anni. Un livello sociale elevato”.
Carla Fernandez