Una guida per chi beve
Ogni acqua ha le proprie caratteristiche, dunque come orientasi nella jungla di offerte strepitose, bottiglie accattivanti e pubblicità convincenti? Perché optare per un’acqua piuttosto che per un’altra e non per quella del rubinetto di casa nostra?
Spesso ad orientare le nostre scelte sono due fattori, il prezzo e la pubblicità: più una marca è conosciuta, più ci sembra «affidabile». Ma, in realtà, per scegliere bene ciò che beviamo è necessario imparare a leggere l’etichetta che ci spiega cosa compriamo.
Un parametro al quale prestare particolare attenzione, ad esempio, è quello dei nitrati. «Sono prodotti di ossidazione – spiega Giovanni Abbate, chimico, dirigente responsabile dell’Unità operativa Ambiente idrico dell’Arpa – e se nell’acqua ce n’è una gran quantità, vuol dire che è stata contaminata tempo addietro da sostanze azotate. La legge prevede che possano essere presenti fino ad un massimo di 50 milligrammi per litro ma per bambini, anziani e soggetti deboli il limite si abbassa a 10. Questi nitrati si possono trasformare in nitriti che sono cancerogeni e non devono assolutamente essere presenti nell’acqua in valori superiori a 0,1 milligrammi per litro. Anche l’ammoniaca è da evitare. La legge ne consente al massimo 0,5 milligrammi per litro».
Un altro valore che si trova nelle etichette è la conducibilità «che indica il contenuto di sali nell’acqua. Maggiore è il contenuto di sali, più l’acqua conduce corrente. Ecco perché si chiama conducibilità».
Altro parametro da considerare è il residuo fisso, ovvero ciò che rimane dopo la completa evaporazione dell’acqua a 180°. Rappresenta l’insieme delle sostanze di natura organica e inorganica disciolte. «Il residuo fisso – spiega Abbate – indica la presenza di residui salini. Più questo valore è basso, meno residui ci sono».
Le acque vengono comunemente classificate in base al residuo fisso in tre categorie: oligominerali (residuo fisso a 180°C fino a 200 mg/l) mediominerali (residuo fisso a 180°C compreso tra 200 e 1000 mg/l), minerali (residuo fisso a 180°C superiore a 1000 mg/l).
L’acqua con basso residuo fisso è particolarmente indicata per chi soffre di calcolosi, mentre lo sportivo dovrebbe bere una più ricca di sali anche se un’acqua con residuo fisso superiore a 500 mg/l viene considerata difficile da «digerire».
Il risultato di tutti gli equilibri chimici presenti è dato, invece, dal pH che costituisce la misura dell’acidità e basicità della soluzione acquosa e deve essere compreso tra 6.5 e 9.5. La durezza indica invece «la presenza di sali di calcio e magnesio disciolti, sostanze, queste, che possono comportare la presenza di calcare negli elettrodomestici». I valori consigliati sono compresi tra 15 e 50 gradi francesi.
C.M.