MEMORIE DI UN GOLOSO
Le delizie del Bar Alba di Palermo, legate al ricordo di bambino. Il risveglio della domenica mattina e poi l'eterna domanda: ma tu quale preferisci?
Arancine,
colonne d'Ercole del sapore
Molto del giudizio è legato alla memoria. L'imparzialità è l'alibi e la condanna di coloro che non ricordano. Io, invece, ricordo. Rammento nella loro purezza metafisca e gastronomica le cinque arancine al burro che mia nonna mi faceva trovare la domenica mattina, appena alzato.
Penso che il Paradiso l'abbia guadagnato solo per questo. La memoria rimanda intatti sapori e colori. Un giorno dell'infanzia o della prima adolescenza, dunque perennemente cucinato dall'estate dell'anima. Le pupille aperte cautamente nella penombra della stanza da letto, prima socchiuse, poi spalancate alla gioia di un nuovo mattino. La luce che filtrava dalle tapparelle in pulviscolo. Le voci della strada. E alla sommità di quella graduale e festosa esplosione di vita, il profumo che, attraverso le narici, prendeva la via maestra del cuore. Era facile alzarsi, allora. Percorrere il corridoio con le curve a gomito, con l'impeto di un Villenueve. E infine trasbordare spirito e stomaco sul tavolo con la tovaglia fiorata. Toccare esitante le cinque arancine del Bar Alba procacciate dalla mia buona nonna. Le dita restavano sospese, quasi temessero il sacrilegio. Non volevano rompere il cristallo incantato dell'istante. Infine, la gola aveva la meglio. La bocca frantumava la teca magica, il tabernacolo, e si impadroniva delle pepite consacrate al gusto. Erano attimi di purissima e indimenticabile estasi. Ora, siccome mi si chiede un giudizio ragionato sulle arancine che abitano Palermo, devo avvertire: la mia lunghissima esperienza di sbafatore sul campo potrebbe essere condizionata dal mito che tutto consustanzia e trasfigura. Le arancine del Bar Alba a oggi rappresentano, per le mie papille passate e presenti, le Colonne d'Ercole del sapore. Dopo, c'è il brivido. E proverò a spiegare perchè: tecnicamente, intendo, confinando in un ripostiglio di malinconica letizia la memoria. Avete presente Mozart? Bene, sappiate che una delle domande più idiote in circolazione consiste nel chiedere: preferisci Mozart o Beethoven? (la seconda nella graduatoria mondiale della deficienza è vuoipiùbeneapapàoamamma). Io – cedendo all'idiozia – dirò subito che preferisco Mozart. Ma Beethoven mi fa piangere. Le variazioni della Quinta mi spostano il cuore da un incavo all'altro. La tenerezza dell'adagio nell'Appassionata circonda di braccia alate la mia corteccia di albero in incognito. La rudezza del terzo movimento, sempre dell'Appassionata, rende maceria il poco che ho di solido. Però, preferisco Mozart. Ludwing Van è pur sempre un uomo meraviglioso. Wolfgang Amadeus è l'orma di Dio sul pentagramma. Allo stesso modo. Le arancine al burro di Scatassa hanno la consistenza pastosa della Quinta. Quelle del Touring ti fanno morire contento del trapasso. Quelle di Massaro riverberano di ogni grazia. E dimentico, sicuramente, altri che mi getteranno addosso l'olio caldo del discredito. Tuttavia, l'arancina al burro del bar Alba è sublime. È il cielo in cucina. È Dio col cappello da cuoco. Chissà, sarà stata la nonna a convincermi dell'assunto col rito domenicale delle cinque-arancine-cinque. O forse è semplicemente evidente e dimostrabile anche ai profani. Non saprei davvero. Sono certo soltanto di una circostanza. Il Paradiso me l'immagino come la casa di un tempo. Un'apertura di occhi, una corsa festosa tra voci e luce. E una tovaglia fiorata con un numero infinito di arancine. Altrimenti, che di Paradiso è?
Roberto Puglisi