Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 13 del 14/06/2007

IL DIBATTITO: La Sicilia del gusto si perde nei caffè

13 Giugno 2007
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    IL DIBATTITO
piero_sardo_home.jpgGrandi vini e grandi formaggi ma manca la cultura dell'accoglienza. Possibile che se chiedi l'aperitivo al bar ti arrivi solo una deprimente ciotola di patatine? 
La Sicilia del gusto
si perde nei caffè

Abbiamo chiesto a un gruppo di grandi esperti di enogastronomia un parere spassionato e senza fronzoli sulla Sicilia, i suoi sapori, la sua accoglienza, la sua tradizione enogastronomica. Il primo intervento che pubblichiamo è quello di Piero Sardo,  presidente della Fondazione Slow food per la biodiversità. Ecco l'articolo.


di Piero Sardo*

George Steiner, nel suo stimolante libro “Una certa idea di Europa”, ci presenta le cinque specificità che caratterizzano l’Europa rispetto al resto del mondo. La prima la individua nei caffè: da Atene a Pietroburgo, da Venezia a Lisbona i caffè rappresentano quel luogo di scambio, di convivialità, di piacevolezza, di incontro che non ha eguali in altre parti del mondo. Più latino che anglosassone (tant’è vero che gli Stati Uniti ne sono clamorosamente privi e che l’Inghilterra li ha trasformati in Pub) il caffè è l’anima delle città, il fulcro della socialità non organizzata. Ora mi viene da dire che la Sicilia sia meno europea di altre regioni del continente. La Sicilia, (ma non solo: il problema riguarda un po’ tutto il sud italico) non offre quel tipo di caffè di cui parla Steiner. Tranne le dovute eccezioni, naturalmente, in genere i caffè in Sicilia scarseggiano. Il più delle volte sono dei semplici bar, dove si consuma al banco, dove il servizio è frettoloso e l’offerta di prodotti scarsa, dove è difficile trovare buoni vini da sorseggiare come aperitivo, dove ordinare un panino è un’avventura e chiedere ghiaccio una stranezza. Insomma nei caffè dell’isola manca la cultura dell’accoglienza e del servizio, soprattutto nei piccoli centri. Va pur detto che in Sicilia sopravvive ancora forte il ruolo dei circoli: la socialità si esprime in altri contesti. Ma sarà possibile che una terra che esprime vini, formaggi, verdure, salumi straordinari sappia proporre all’aperitivo solo una deprimente ciotola di patatine? O che non riesca ad utilizzare nei suoi bar il pane eccellente che sa produrre, le olive, i sott’oli, le conserve di pesce e via elencando? È come se esistesse una frattura fra la produzione alimentare e chi la propone, la somministra. Una frattura che la ristorazione è riuscita – perlomeno in buona parte – a colmare, mentre i bar e i caffè sembrano ancora totalmente al di là del guado. Peccato.

* Presidente della fondazione Slow food per la biodiversità