PAROLA DI CHEF
Spremuta, sotto forma di sorbetto, lavorata come marmellata ma anche nei primi e nei secondi. Ecco come tre cuochi siciliani utilizzano le arance nei loro menu
Sfumature rosse nel piatto
Da sinistra Francesco Patti, Andrea Graziano e Andrea Zangerl
Si aspetta con trepidazione un anno intero per deliziarsi del suo colore e sapore. Almeno l’arancia rossa di Sicilia è attesa in questo modo da chi nel versante orientale dell’Isola in cucina le dedica il posto d’onore.
Nel territorio di Catania tre sono gli chef che l’accolgono alla corte del proprio menu non come un frutto, non come un ingrediente, ma come una vera regina. La stagione della raccolta finalmente arriva ed i piatti di questi artisti si tingono delle sfumature rosse e aranciate tipiche del Tarocco.
Non c’è sapore dolce o salato che non sia esaltato da questa arancia, a detta loro una versatilità dovuta ad una peculiarità esclusiva: un’acidità che si equilibra perfettamente alla dolcezza. Nelle cucine dell’Hotel Metropole di Taormina l’arancia rossa viene accolta a festa da Andreas Zangerl, il quale si ripaga subito della lunga attesa con una spremuta, per lui il modo migliore per degustare il frutto. “La stavo aspettando da un mese e mezzo. Spremuta, naturale, senza aggiunta di zuccheri, così mi piace l’arancia rossa, ed è la prima cosa che presentiamo ai nostri clienti non appena ci viene consegnata, i quali ogni volta rimangono sorpresi assuefatti come sono dai succhi commerciali”. Poi sul piatto lo chef la fa conoscere nelle vesti più seduttive, finanche sottoforma di sorbetto. “La lavoriamo con il finocchietto. Un connubio speciale molto interessante, questi due aromi sembrano essere fatti l’uno per l’altra”. Sempre accompagnata dal finocchietto la serve anche con i crostacei e, come vuole la tradizione, ad insalata. Nel dessert Zangerl la fa diventare il cuore di un tortino al cioccolato sotto forma di una delicatissima riduzione montata con un po’ di panna.
Andrea Graziano chef di Sale Art Cafè di Catania l’arancia se la fa arrivare dal giardino di un amico produttore. Dal succo alla buccia, usa tutto. La declina nei primi aromatizzando la pasta con la bottarga e gli gnocchetti con pesto di pistacchio di Bronte impreziositi con una fetta disidratata. Ne fa una base per il tonno scottato con il lardo di maiale nero o un accompagnamento per la tartarre. Lavorata come marmellata e candita, l’arancia è anche il feel rouge per i suoi dolci. “Ha uno sprint in più – dice Graziano -. Normalmente siamo abituati alle altre arance, anche quelle siciliane, che hanno un sapore piatto. Non è troppo dolce per i piatti salati e neanche troppo acida per le preparazioni dei dessert, è sinonimo di massimo equilibrio”. Elaborazioni a parte, secondo lo chef, per apprezzarla davvero basta solo sbucciarla e gustarla spicchio dopo spicchio.
“Arancia rossa sole della Sicilia”, così è stata descritta da Giuseppe Coria nel libro i Profumi di Sicilia e sono tantissime le ricette raccolte che la vedono protagonista. Lo racconta Francesco Patti patron e chef insieme al fratello Domenico del ristorante Coria di Caltagirone. Portando avanti il patrimonio gastronomico della zona narrato dall’autore, ai loro tavoli non la fanno mancare ad insalata secondo la ricetta tradizionale che la vuole sposata dall’aringa. “La sua peculiare acidità la rende perfetta per l’olio ed il grasso dell’aringa – dice Franceco Patti -. Per noi introdurre i piatti con l’arancia rosa è il massimo. Si presta a tantissime interpretazioni”. Altra variante di insalata è quella che preparano con il baccalà, e sempre con il pesce diventa anche una prelibatezza eterea sotto forma di schiuma. Nella sua accezione più dolce viene preferita candita, macerata nel miele anche se, come ammette Patti, “rimane buonissima con un filo d’olio e un pizzico di sale”.
Manuela Laiacona