IL PERSONAGGIO
Riccardo Ricci Curbastro, presidente di Federdoc: “Una denominazione unica per la Sicilia? Forse serve una riflessione, aspettando di vedere cosa succederà grazie alla riforma Ocm”
L’uomo delle Doc
Quarantanove anni, figlio d’arte, nella sua azienda in Franciacorta si occupa praticamente di tutto: dalla vinificazione alla commercializzazione in tutto il mondo.
La più antica etichetta dell’azienda Agricola Ricci Curbastro risale al 1885 ma è stato Gualberto, padre di Riccardo, a trasformare un’azienda agricola tradizionale nell’attuale moderna azienda vitivinicola, nel 1967 tra i primi a dare fiducia alla Denominazione d’origine Franciacorta iscrivendo i primi vigneti all’albo della denominazione.
Oggi Riccardo Ricci Curbastro (nella foto) impersona quella intuizione del padre, guidando la Federdoc, l’associazione che riunisce i Consorzi per la tutela delle denominazioni italiane.
La gente va ancora alla ricerca delle denominazioni?
“Ritengo di sì, sono sempre convinto che le Doc siano il grande patrimonio di questo Paese, perché rappresentano il territorio, lo identificano. E l’Italia è fatta da tanti territori. Va di moda il federalismo ma nel vino, nella cultura del cibo, nel nostro modo di essere, nei nostri dialetti, c’è tanto federalismo, c’è tanta cultura locale e il vino lo rappresenta in pieno. È chiaro che a fianco a questi prodotti abbiamo anche prodotti che, viceversa, sono in grado di competere con quelli del nuovo mondo che sono sostanzialmente vini a base di varietà. Il pinot grigio è una grande risposta al successo del Sirah o del Cabernet sauvignon australiani. Vorrei dire anche Nero d’Avola, ovviamente”.
In Sicilia di Doc ce ne sono 22. Qualcuno dice che sono troppe.
“Innanzitutto, al di là della Sicilia, forse 356 denominazioni quante sono quelle italiane, sono comunque troppe a livello nazionale e lo dico da presidente della Federazione delle denominazioni. C’è stata una rincorsa al particolarismo e tante volte il particolarismo non aiuta sul mercato”.
E per quel che riguarda la Sicilia?
“Anche le 22 siciliane sono indubbiamente difficili da riconoscere, difficili da capire. Penso che tutti possano riconoscere Marsala o Etna, ho qualche altro dubbio su qualcun’altra che non nomino per non essere sculacciato”.
C’è la proposta di farne soltanto una. Ma non tutti sono d’accordo. Lei?
“Il primo agosto entrerà in vigore la nuova Ocm vino, nuovo regolamento comunitario che trasporterà le Doc e le Docg italiane nelle Dop, come quelle del prosciutto, del formaggio e via dicendo, e le Igt all’interno del sistema Igp, quindi con un sistema di certificazione nuovo. La soluzione di una denominazione unica in questo momento, in una fase di cambiamento qual è quella che stiamo vivendo, forse è imprudente. Nei prossimi mesi capiremo meglio quale sarà l’evoluzione del sistema italiano dettata da Bruxelles e in quell’ottica farei delle scelte strategiche che poi restano per i decenni futuri. Io ho più volte detto, anche qui in Sicilia, che forse serve un attimo di riflessione, aspettando di vedere cosa succederà grazie a questa riforma di Bruxelles. È importante”.
Parliamo di Franciacorta. La sua Doc. Numeri sempre in crescita nonostante la crisi.
“La Franciacorta sta raccogliendo il frutto di anni di lavoro intelligente sulla qualità: regolamenti e disciplinari sempre più restrittivi per fare sempre meglio e il consumatore adesso ci sta premiando, riconoscendo che questa piccola zona lombarda è capace di produrre prodotti assolutamente riconoscibili per il loro carattere, il loro gusto e soprattutto di altissima qualità. Quasi dieci milioni di bottiglie, esattamente nove milioni 800 mila bottiglie, una crescita del 16 per cento, sono proprio il frutto di questo grande lavoro certosino verso la qualità”.
M.V.