VIVERE DI VINO
Diego Cusumano, assieme al fratello Alberto, al vertice di un’azienda che produce quasi 3 milioni di bottiglie e esporta in 60 Paesi. “Avere un proprio stile fa la differenza. Progetti? Il nostro Pinot Nero, frutto di 8 anni di sperimentazioni”
“Qualità
scaccia-crisi”
«Il momento peggiore per l’economia mondiale è già passato. Il 2009 sarà difficile nella prima parte ma poi andrà meglio. Abbiamo chiuso il 2008 con gli stessi livelli del 2007, e ora siamo in risalita. Bisogna solo avere un po’ di fiducia».
Non è un economista ma un imprenditore a cui piacciono i numeri e se ne informa costantemente. Diego Cusumano è uno dei nomi del vino siciliano. Assieme al fratello Alberto è a capo di un’azienda con sede a Partinico e che oggi grazie ad oltre 400 ettari di vigneto sparsi per tutta la Sicilia produce quasi 3 milioni di bottiglie ed esporta in 60 Paesi.
Com’è andata la vendemmia 2008?
«Per noi eccellente. Tanto che temo per il futuro. Difficile, molto difficile da replicare».
Come faremo a capirlo?
«A fine mese è pronto il nostro Angimbè, blend di Insolia e Chardonnay, versione 2008. Provatelo».
È una sfida?
«No, un invito a berlo. Per noi è buonissimo».
La crisi economica si fa sentire?
«I consumi del mercato domestico hanno tenuto. All’estero è diverso, gli importatori sono prudenti, impauriti. Il momento più critico secondo me è stato il fallimento della Lehman Brothers. L’insicurezza in quei giorni ha toccato il culmine. Quest’anno vedremo la crisi passare sotto i nostri occhi».
Come può reagire il mondo del vino?
«Può rispondere così: qualità autentica. Produrre qualità è una condizione necessaria ma produrre un proprio stile fa la differenza Non c’è mai fine, l’asticella può stare sempre più in alto. E poi rendersi sempre più conto che una azienda del vino di qualità è come un artigiano. Il suo marketing è il suo prodotto stesso».
Si dice che noi siciliani siamo bravi a produrre qualità ma siamo scarsi nel vendere…
«È vero, in genere purtroppo ci sono molti imprenditori che producono ottimi prodotti in ogni campo ma con scarso successo nelle distribuzione degli stessi. La nostra strategia distributiva, fin dall’inizio, è stata concentrata nel trovare i migliori agenti e i migliori importatori nel mondo che comprendessero la filosofia dell’azienda e che avessero la voglia della conquista.
Ce ne sono tanti in giro?
«Per niente. Accaparrarsi i più bravi è come conquistare una bella donna».
Quindi costoso…
«Costosissimo, of course»
I vostri vini premiati e ricercati. Si trovano sulle tavole di mezzo mondo. Il segreto del vostro successo?
«Non c’è un segreto. Tuttavia cerchiamo di condensare la nostra filosofia in tre parole: semplicità, contemporaneità e artigianalità. Tutti e tre le variabili contribuiscono a creare uno stile nel nostro caso il Cusumano Style».
Che vino beve Diego Cusumano?
«Amo molto lo champagne. Ne distribuiamo anche uno, il Besserat de Bellefon. E poi amo i rossi francesi sia quelli di Bordeaux che quelli di Borgogna».
Progetti per il futuro?
«Tanti, ma ancora top secret. Poi però punteremo, tra i tanti vini, a far conoscere ancora di più il Pinot Nero, ultimo nato in casa Cusumano, prodotto da un terreno di otto ettari ad ottocento metri di altitudine, nel territorio di Ficuzza e frutto di otto anni di sperimentazioni».
Lo chiedo a un gourmet: ma in Sicilia si mangia bene?
«Come in tutte le cose la Sicilia offre punte di eccellenza e, purtroppo, molta superficialità. La ristorazione non è esclusa da questo paradosso. Nel senso che spesso mancano quei piccoli accorgimenti, spesso non costosi, che potrebbero folgorare in positivo l’avventore: un sorriso, un locale ben riscaldato, i servizi igienici puliti, la professionalità di qualcuno che ti spiega cosa stai mangiando…Se vogliamo si tratta di dettagli ma un ristorante non è solo un posto dove si mangia. È quasi una sorta di palcoscenico dove il cliente vuole tante attenzioni».
Lei ha l’aria di divertirsi nonostante i viaggi e le tante ore dell’anno trascorse tra aerei ed aeroporti. È così?
«Temo di sì. E dico “temo” perché non saprei fare altro nella vita».
Fabrizio Carrera