“E dell’Igt cosa ne facciamo?”
“Non si tratta di una semplice perplessità. Io non sono assolutamente d’accordo”. Dino Taschetta, presidente della Cantina sociale Colomba Bianca di Mazara del Vallo (Trapani), non va per il sottile: “La Doc Sicilia non mi interessa, non sottoscriverò un accordo del genere, se dovesse passare sono pronto alle dimissioni”.
Taschetta fa un’analisi che parte dal raffronto con le denominazioni d’origine già presenti in Sicilia: “Le altre Doc hanno portato tali benefici da farne una che accomuni tutti? Forse fa eccezione l’Etna dove, ammetto, sono stati bravi. Per il resto, però, non ho visto ricadute positive”. L’imprenditore trapanese si guarda alle spalle e vede il lavoro già portato avanti: “La Regione – aggiunge – ha investito milioni per il rinnovamento dei vigneti. Noi abbiamo lavorato su circa 1.500 ettari, centinai di milioni di euro di investimento su risorse umane e sulla Igt Sicilia. In questi anni credo di avere dato un grosso contribuito chiudendo accordi con aziende in tutto il mondo facendo girare il nome Sicilia ovunque. Se nascesse la Doc unica a chi potrò vendere l’Igt Sicilia visto che non si potrà più imbottigliare fuori dall’Isola. Ho una struttura pronta a mettere in bottiglia tutto questo vino?”.
Insomma, secondo Taschetta i vantaggi devono essere per la maggior parte dei produttori: “So di avere una posizione impopolare – aggiunge -. Questa proposta la considero un modo per tagliare le gambe a tanti produttori di vino, ma fin quando sarò presidente non potrò avallare questa scelta”.
Uno spiraglio, però, sembra esserci: “Sarei d’accordo – conclude il numero uno della Cantina sociale di Mazara – solo se venisse meno l’obbligo di imbottigliamento nel territorio. La mia controproposta? Facciamo una cosa intelligente: registriamo il marchio Sicilia in tutto il mondo, come è stato fatto per lo Champagne e lasciamo stare la Doc unica”.
M.V.