L’INCHIESTA
La buona tavola non fa sconti e i prezzi nei ristoranti siciliani, nonostante il periodo difficile dell’economia, non subiscono grosse variazioni. Solo piccole offerte. I ristoratori: dobbiamo difendere la qualità dei menù
In bocca alla crisi
La buona tavola sfida la crisi. Se da un lato scendono i prezzi dei mutui o di alcuni beni di largo consumo come la benzina, il buon cibo ed il buon vino restano, se non un vezzo per pochi, una carezza che di certo non ci si può concedere tutti i giorni.
Una necessità ed un dato di fatto che vale per tutta la Sicilia soprattutto se a tavola si sceglie come parola d’ordine la qualità. A Palermo, da quasi 10 anni è nata l’Osteria dei Vespri nella cornice del principesco Palazzo Ganci. La cucina è ispirata alla valorizzazione dei prodotti del territorio e di certo in quanto a scelta delle materie prime non si risparmia: «Un eventuale abbassamento dei prezzi – dicono Andrea e Alberto Rizzo, proprietari del ristorante – può dipendere solo dalla flessione del mercato. Altrimenti si dovrebbe rinunciare alla qualità, una scelta che non intendiamo fare”. Qui il menù degustazione con 5 portate costa 65 euro (sale a 75 se si vuole esagerare ed aggiungere la degustazione dei formaggi). La carta dei vini ha 800 diverse etichette. «Per andare incontro al cliente più frettoloso – aggiunge Alberto Rizzo – ci stiamo organizzando con una nuova offerta». Un pranzo da 40 euro con meno portate ma con uguale qualità. I costi non si abbassano neanche a Trapani. Per un pranzo a base di pesce fresco a La Bettola a Mazara si possono spendere dai 40 fino ai 70 euro a seconda del pesce e del vino che si sceglie.
«Il costo del pesce fresco – spiega Pietro Sardo, 56 anni, chef del locale che è nato nel 1968 – cambia di giorno in giorno. E se i prezzi calano nelle tavole calde non si abbassano di certo in pescheria». Di poco più economico Il Piccolo Casale a Milazzo, in provincia di Messina dove per un pranzo a base di pesce si possono spendere dai 45 euro e 55 euro con un’ampissima scelta di vini. «È il mercato che detta legge – spiega Mariella Vento, una dei proprietari -. Se i prezzi del mercato e delle materie prime diminuiscono abbasseremo i prezzi anche noi, ma non lo faremo mai a costo di dover risparmiare sulla materia prima». Ultima tappa in provincia di Ragusa alla Fattoria delle Torri di Modica, un locale aperto da 22 anni. Qui per un menù alla carta si spendono dai 20 ai 50 euro mentre il menù degustazione (escluse le bevande) costa 33 euro e comprende quattro portate. Peppe Barone, un simpatico cinquantenne proprietario del locale e presidente dei ristoratori della provincia di Ragusa rivela il suo segreto: «Non ritocchiamo i prezzi da tre anni – dice -. Conteniamo i costi del personale e usiamo materie prime a chilometri zero. In inverno cuciniamo poco pesce fatta eccezione per il polpo o del buon pesce azzurro come sardina e seguiamo la stagionalità. Il vero segreto è quello di affezionare i clienti con il buon cibo e fare della buona pubblicità al locale». Per quanto riguarda la tendenza generale della ristorazione ragusana poi aggiunge: «C’è la tendenza ad orientarsi ad un lieve ribasso dei prezzi. È una scelta che non condivido molto soprattutto perché si verifica nelle pizzerie o nelle trattorie dove si copre un gran numero di clienti che non sempre si accorgono della differenza fra le materie prime». In controtendenza a Palermo è invece il ristorante Hippopotamus in via Turrisi Colonna. «Abbiamo operato un taglio che si aggira intoro al 20 per cento – fa sapere il proprietario Juan Carlos Ghioldi -. Tutto questo è stato possibile, invece, anche grazie all’abbassamento del prezzo della carne argentina che durante i mesi di aprile e maggio aveva raggiunto prezzi astronomici. Ora, invece, siamo tornati ai valori storici». Per cenare all’Hippopotamus, ristorante argentino aperto dal 2007, basteranno in media 35 euro bevande incluse.
Piera Zagone