IL PRODOTTO
Dai 400 chili prodotti nel ’92, ai 2 milioni di tavolette di oggi. Il cioccolato di Modica è diventato famoso in tutto il mondo, fino a sbarcare al Festival del cinema come cadeau per i vip. La storia dell'Antica Dolceria Bonajuto
Da leccarsi
le dita
Il New York Times lo ha definito un “cioccolato sbalorditivo dal gusto potente”. Pare abbia effetti benefici su bronchi, polmoni e apparato respiratorio in generale. Circa ottomila spettatori lo hanno assaggiato e apprezzato in Giappone durante la tournée del Teatro Massimo e la ristorazione di qualità lo ha scelto per la preparazione di dessert da offrire ai clienti.
Il cioccolato di Modica prodotto dall’Antica Dolceria Bonajuto ha superato il secolo di vita da un pezzo ma si rinnova e amplia i propri confini, arrivando anche in America dove è riuscito a ritagliarsi un mercato di nicchia.
“Nel ‘92 – racconta Franco Ruta – ne producevamo 400 chili all’anno. Una quantità modesta perché a quei tempi il cioccolato era utilizzato solo per fare quello in tazza. Oggi realizziamo più di duemilioni di tavolette in un anno e le distribuiamo in Italia e all’estero”. Particolarmente apprezzato in Piemonte e Toscana, le regioni che per antonomasia, nel Bel Paese, sanno cosa significhi cioccolato di qualità, è composto unicamente da massa di cacao, zucchero e spezie, senza l’aggiunta di grassi.
“Il nuovo riconoscimento che arriva dalla ristorazione di alto livello – continua Ruta – ci dimostra che cresce l’attenzione verso un prodotto di qualità come il nostro ed è testimonianza dell’importanza che ha assunto il nostro marchio”. Basti un esempio su tutti: le tavolette Bonajuto sono state protagoniste al Festival del Cinema che si è svolto a Roma, “ospiti” delle più importanti strutture alberghiere che ne hanno fatto omaggio ai clienti vip.
“Questi riconoscimenti sono un incentivo a fare sempre di più e meglio”, dice Ruta, che racconta delle tavolette al sale che affiancano le tradizionali alla vaniglia, alla cannella e al pepe e sono un omaggio all’isola di Salina e al sale di Mozia “perché è importante valorizzare tutto il proprio territorio e cercare di trasferirlo in quello che si fa”. Tra gli aromi nuovi il “mascobado”, una interessante miscela fatta con zucchero di canna lasciato allo stadio integrale per mantenere tutto il suo patrimonio aromatico complesso e la tavoletta all’arancia, preparata non con l’aroma ma con le bucce dell’agrume ridotte finemente. E poi la walking chocolate, un confezione da portare in giro leggera e piatta, per quanti del cioccolato proprio non possono fare a meno. Ma la sperimentazione non si ferma al cioccolato.
“Per modernizzare la tradizione – racconta ancora Ruta – con altri artigiani locali abbiamo dato vita ad un gruppo interdisciplinare che guarda alla gastronomia in modo diverso”. Si chiama “La casa di Archestrato”, dal nome di colui che per primo, intorno al IV secolo a.C. lasciò testimonianza scritta di gastronomia. Del gruppo fanno parte uno chef emergente di Modica, Luca Cannizzaro, un produttore di vini di Marsala, Nino Barraco, un artigiano del vetro, Alessandro Di Rosa e, naturalmente, Franco Ruta. “Facciamo tesoro dell’esperienza che deriva dalla tradizione – spiega – cercando di stare in linea col gusto moderno. La sperimentazione per noi inizia dalla realizzazione dei ‘supporti’ per il cibo, così facciamo realizzare all’artigiano dei piatti secondo il suo estro e poi lo chef si fa ispirare da quello che vede per riempirli con gusto”. Un esempio? Un piatto con quattro fori, riempito poi con mini porzioni di ricette tipiche siciliane curate e presentate come se fossero sushi.
Clara Minissale
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