VISTI DAGLI ALTRI
Per Egle Pagano, giornalista de “Il Secolo XIX”, il settore vinicolo isolano ha ancora un potenziale inespresso. Promozione a pieni voti, invece, per la gastronomia
Sicilia,
si può dare di più
Ed è per questo che è “accademica onoraria”, dell’Accademia italiana della cucina – delegazione del Tigullio.
La giornalista ligure ha dato notizia sul quotidiano genovese dell’ottima performance della Sicilia nella vendemmia del 2008 (55% in più rispetto all’anno precedente).
“Nella vendemmia dell’anno passato – spiega – se l’Italia ha tenuto il passo rispetto agli anni precedenti lo si deve alla Sicilia, come ha detto un produttore umbro”. E dal punto di vista qualitativo, come sta il vino isolano? “Non ho assaggiato nulla del 2008 – chiarisce la giornalista – ma anche il rapporto degli enologi parla di risultati positivi”.
Se invece si tratta di allargare il periodo preso in considerazione per Egle Pagano negli ultimi 10 anni ha grossi miglioramenti. “Prima i siciliani – racconta – venivano considerati come vini caldi per truccare i grandi vini del nord. Ricordo ancora le cisterne che arrivavano nelle Langhe per correggere il Barolo”. Poi la svolta determinata da tanti fattori: gli investimenti dei produttori ma anche il lavoro di enti istituzionali. “Oltre allo storico Marsala – afferma – sono venuti fuori buoni vini come il Nero d’Avola o l’Inzolia. Inoltre si è scoperto come anche varietà internazionali tipo lo Chardonnay possano portare alla produzione di vini con peculiarità proprie anche in Sicilia”. Tra gli aspetti che hanno lanciato la Sicilia in orbita, per la giornalista genovese c’è anche “la consulenza di Giacomo Tachis, il più grande enologo italiano, all’Istituto della vite e del vino”. C’è però una sfumatura negativa nel pensiero di Egle Pagano, legata più che altro all’ultimo periodo. “Ho notato un rallentamento, i produttori forse si sono un po’ accontentati dei risultati raggiunti. Per esempio, cinque anni fa ero stata invitata sull’Etna, Tachis disse che fino a 7-800 metri di altitudine, si poteva produrre un ottimo Pinot nero, poi però non ho visto nulla di concreto”.
Quando il discorso declina sulla gastronomia, la Pagano però non mostra dubbi. “Sono stata in Sicilia per il mio viaggio di nozze, 32 anni fa ed ho un ricordo mitico del cibo. I dolci sono splendidi, con mio marito viaggiavamo in auto con le paste comprate dalle suore di clausura. E poi che dire di un pane con le panelle mangiato a Monreale, della pasta con le sarde o con la ‘nciova”. Insomma per l’esperta di gastronomia “la Sicilia mostra in cucina tutte le straordinarie tracce delle tante dominazioni succedutesi nell’Isola”. Basta che però non le chiedete un confronto tra il pesto siciliano e quello genovese. “Qui – sorride – sono estremamente campanilista, il basilico della riviera genovese di ponente è unico, di conseguenza il pesto delle nostre parti non ha eguali”.
Francesco Sicilia