L’INCHIESTA
Viaggio tra Consorzi di tutela delle Doc siciliane: bilanci magri e scarsa partecipazione economica delle aziende. Introiti extra per L’Etna e il caso Cerasuolo di Vittoria
A botte asciutta
Bilanci tutt’altro che ricchi per i consorzi di tutela delle Doc siciliane. Subito una carrellata: ottomila euro per l’unica Docg, quella del Cerasuolo di Vittoria, bilanci piccoli piccoli anche per i consorzi del Marsala e di Pantelleria, cinquemila euro per Contea di Sclafani, 35 mila per il consorzio che tutela la denominazione di origine Etna ma l’impennata è dovuta a un contributo che l’ente ha ricevuto per un’indagine di mercato effettuata lo scorso anno.
I consorzi di tutela, è vero, hanno un ruolo di controllo e di difesa dei metodi di produzione, ma è pur vero che altri consorzi italiani hanno bilanci con una svariata quantità di zeri in più.
Il Consorzio di tutela del Cerasuolo di Vittoria possiede un fondo di ventunmila euro: si tratta di ciò che è stato accumulato dall’anno di fondazione del consorzio, il 1989, a oggi. “Quest’anno invece – dice Francesco Ferreri, presidente del consorzio – abbiamo avuto un disavanzo di gestione di circa duemila euro, in linea con il trend degli ultimi anni e abbiamo chiuso il bilancio con ottomila euro”. Il Consorzio ha due tipi di entrate: quelle interne, di ordinaria amministrazione, che arrivano direttamente dalle quote d’iscrizione delle aziende iscritte. Un’altra parte degli introiti, invece, arriva dai contributi esterni e servono a coprire le spese straordinarie. Le quote che ogni azienda paga al consorzio vengono ripartite in base alla produzione ma anche in base all’iscrizione come socio imbottigliatore, socio vinificatore o socio produttore. “Quote giuste o sbagliate? Non si può dire – continua Ferreri -, se il consorzio serve è giusto che gli iscritti paghino. Da noi i consorzi funzionano male per un problema che secondo me è genetico anche se noi stiamo cambiando, grazie anche agli ultimi interventi comunitari e al Psr che hanno fatto da forza aggregante. Ma le difficoltà restano”.
Poco più di settanta mila ettolitri campionati (un migliaio in meno del 2007) e un giro d’affari di diciotto milioni di euro. Sono questi i numeri del Marsala il cui Consorzio di tutela ha però chiuso il bilancio 2008 con un bilancio non da multinazionale. “Quello del Marsala è un consorzio volontario – dice Tommaso Maggio, enologo e da tre anni a capo dell’ente -, non fattura e non abbiamo contributi. In ogni caso resta uno strumento utile perché dà regole certe e indicazioni su come produrre, riuscendo a mettere d’accordo anche aziende che possono avere posizioni diversi per esempio riguarda alle strategie sull’export. Inoltre – continua Maggio – l’utilità è legata ai controlli per evitare frodi, vista la complessità della legislazione vinicola”.
La denominazione d’origine controllata Contea Di Sclafani, che abbraccia il territorio di tredici comuni fra le province di Palermo e Agrigento, viene imbottigliata da quattro aziende: Tasca d’Almerita, Feudo Montoni, Castellucci Miano, Fontanarossa. Il bilancio 2008 è di cinquemila euro, soldi derivanti dalle quote di iscrizione delle aziende. “Questo consorzio – dice il presidente Giuseppe Tasca d’Almerita – non ha ancora operato perché siamo in attesa di conoscere l’evoluzione e di conoscere le ripercussioni che potrà avere la riforma Ocm. La prima problematica che abbiamo incontrato fino ad ora è di tipo commerciale: oggi imbottigliano Doc non si può mettere il nome Sicilia. Per questo la nascita di una Doc Sicilia potrebbe risolvere questo problema anche se sono convinto che bisognerebbe focalizzare l’attenzione sulla qualità e la produzione del territorio al quale credo molto”.
Si è fermato a tremila euro, invece, il bilancio del Consorzio della Doc Pantelleria. “Ho una mia posizione sulle Doc – commenta il presidente Giuseppe Lo Re -: si parla molto di Doc ma negli anni si è intesa questa denominazione all’italiana, è come se le Doc avessero dato qualità a certi vini. In realtà è il vino che dà importanza al territorio. Il ruolo dei consorzi? La difesa delle denominazioni a prescindere è un’argomentazione che mi trova piuttosto freddo: ci sono Doc a un euro e vini non Doc che invece sono eccellenti. Non sono neppure d’accordissimo con la Doc Sicilia, la vedo insita nella Igt anche se è giusto recuperare l’obbligo di imbottigliare all’interno dei confini siciliani. Così com’è mi sembra un orientamento più ideologico che altro”.
“Estremamente contrario alla Doc Sicilia” si definisce anche Giuseppe Mannino, presidente della Doc Etna. “È un tentativo di soluzione del problema dell’imbottigliamento entro i confini dell’Isola che andrebbe risolto in modo diverso. Si poteva fare come in Sardegna: in tutte le Doc c’è la possibilità di inserire il nome della regione”. E il ruolo dei consorzi? “È importantissimo – risponde Mannino – ma devono avere la possibilità di fare controlli. Veda il nostro bilancio, si aggira sui 35 mila euro, una cifra considerevole però legata ai contributi che abbiamo ricevuto per effettuare un’indagine di mercato”.
Marco Volpe