L’AZIENDA
Nasce a Pantelleria, presso l’azienda Il Ficodindia di Salvatore Armenio, Salammbò. Le 10 mila bottiglie della vendemmia 2007 sono già state vendute a New York e a Tokyo
Il passito dei fenici
Salammbò era una sacerdotessa fenicia che durante la prima guerra punica si innamorò di un guerriero, e che poi spirò dopo avere visto il suo amato morire davanti ai suoi occhi. Una storia d’amore raccontata nel romanzo di Gustave Flaubert e che oggi ha ispirato anche un passito Doc Pantelleria.
Prodotto dall’azienda Il ficodindia dell’isola trapanese, quest’anno per la prima volta raggiungerà il mercato, anche se le 10 mila bottiglie della vendemmia 2007 sono già state vendute a New York e a Tokyo.
Titolare dell’azienda è Salvatore Armenio, avvocato milanese che nel ’70 visitò Pantelleria per la prima volta e ne rimase incantato tanto da decidere, meno di dieci anni dopo, di acquistare una proprietà di 60 ettari, di cui trenta a vigneto. “Abbiamo scelto di curare gli antichi vigneti, che oggi hanno fino a 70 anni, per mantenere il loro valore paesaggistico – spiega Armenio -. Anche se per motivi produttivi abbiamo dovuto anche noi adeguarci all’allevamento a spalliera, abbiamo comunque conservato alcuni vigneti ad alberello perché hanno un valore inestimabile in termini di tradizione e paesaggio”. E proprio per rispettare la tradizione dell’isola Armenio ha dato un nome fenicio al suo passito.
“I Fenici hanno fatto molto per Pantelleria, basti pensare alle cisterne realizzate con una precisione e un’accuratezza tali che oggi sono ancora integre”, precisa l’avvocato. Il passito è ottenuto da piante di 60 anni e da uve raccolte a mano. La diraspapigiatura è seguita da fermentazione e rifermentazione in presenza di uva passa, e la maturazione avviene in acciaio inox per 13 mesi, seguita da un affinamento in bottiglia per 4 mesi. Il risultato è un vino da dessert da provare con formaggi e dolci.
L’azienda, a conduzione biologica certificata, ha anche un frutteto, un cappereto e da qualche anno anche un agriturismo. Non solo. all’interno della proprietà è stato ristrutturato l’antico anfiteatro, già location di conferenze e lezioni universitarie, tenute dai docenti dell’università di Palermo con cui l’azienda è in stretto contatto.
Un mondo, quello del vino, cui Armenio è legato da quando era bambino. “Mia madre è nata a Gioia del Colle, nel Barese, da una famiglia di proprietari terrieri, ed io non ho mai dimenticato le vendemmie e le botti così grandi da contenere 15-20 persone, e la pigiatura a piedi nudi dentro i tini”, ricorda, “ed ho cercato di ricreare la stessa atmosfera qui, col vantaggio che a Pantelleria c’è anche il mare”. Il mare “africano” che ha ispirato il nome di un vino bianco – De mare africo – , prodotto in mille pezzi, che però Armenio non vuole mettere in commercio perché, dice “sui bianchi la concorrenza è troppa”. “Per puntare all’eccellenza la strada giusta è il passito”, puntualizza, “anche se con le vinacce dello Zibibbo riusciamo ad ottenere grappe pregevoli che vendiamo in bottiglie da 500 ml”. Le bottiglie sono solo 500 e vengono assorbite dal mercato milanese.
Oggi Salvatore Armenio ha deciso di trascorrere più tempo a Pantelleria: “a Milano, del resto, posso affidare lo studio ai miei validi collaboratori”. Al “Ficodindia” lo aiutano in 40. E i figli sembrano volere seguire le sue orme: “Lisa ha 31 anni e anche se è avvocato, è affascinata da ciò che stiamo realizzando sull’Isola; Marco ha 30 anni e, oltre a seguirmi, vorrebbe dedicarsi alla produzione di birre artigianali: magari un giorno ci dedicheremo anche a questo”.
A. R.