Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 56 del 10/04/2008

FOBIE Export col certificato

09 Aprile 2008
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    FOBIE

giappone_vino_hp.jpgDopo le inchieste sulla presunta presenza di acidi nei vini, gli importatori giapponesi chiedono ai produttori siciliani garanzie sull'alta qualità
Export col certificato

I giapponesi l’hanno presa sul serio. Dopo le inchieste, e le tante polemiche, sulla presunta presenza di acidi in alcuni vini e su “Velenitaly”, il servizio dedicato dall’Espresso all’argomento bollato come la “più grande sofisticazione alimentare mai scoperta in Italia”, i compratori orientali vogliono più garanzie.

Le hanno chieste senza mezzi termini anche ai produttori siciliani che esportano in quella parte del mondo: i vini, per oltrepassare i confini del Giappone, dovranno avere il via libera di un ente di ricerca pubblico che ne attesti l’assenza di acido muriatico, solforico e cloridrico.
Insomma, fidarsi è bene, non fidarsi… Sembra che gli esportatori siano stati davvero turbati su quel miscuglio cancerogeno di concimi, acqua, zucchero, acido muriatico e solo un quinto di mosto con cui sarebbero state prodotti quaranta milioni di bottiglie, fiaschi e confezioni di tetrapack, tutte vendute come vino a basso costo nei negozi e supermercati di mezza Italia. Le aziende coinvolte nello scandalo sarebbero una ventina. Otto si trovano al Nord: in provincia di Brescia, Cuneo, Alessandria, Bologna, Modena, Verona, Perugia. Il resto invece è sparso tra la Puglia e anche la Sicilia.
La richiesta non spaventa neanche un po’ Salvo D’Agostino, chimico e responsabile dei laboratori dell’Istituto regionale della Vite e del Vino, per il quale, se le pretese degli importatori giapponesi non dovesse cambiare, si avvicina un periodo di superlavoro: “Vorrà dire – dice il dirigente dell’ente di ricerca siciliano – che riprenderemo le ricerche avviate quindici anni fa sull’acidificazione dei vini. Verificheremo che nei vini siciliani ci sono solo ed esclusivamente acidi organici e faremo stare più tranquilli i giapponesi”, spiega.
Fino a questo momento le aziende di vino siciliane che si rivolgono all’Irvv per esaminare i loro prodotti sono circa duecento all’anno. “In passato – dice D’Agostino – i costi erano piuttosto alti, adesso ci siamo uniformati, possiamo praticare ‘sconti fedeltà’ e possiamo essere di nuovo concorrenziali”. E se dovessero aumentare le richieste di certificazione? “Noi siamo preparati e pronti. Rassicureremo i giapponesi”.

Marco Volpe