IL PRODOTTO
Settecento abitanti e novecento maiali. La sfida della famiglia Agostino
Mirto, dov’è rinato
il suino nero dei Nebrodi
Una piccola bottega dove acquistare insaccati
e prosciutti buoni e rari richiesti anche dalla Germania
Luisa voleva fare la parrucchiera e per fortuna non c’è riuscita.
Certo, ai tempi in cui custodiva il suo sogno non aveva messo in conto che un giorno avrebbe saputo tutto sul suino nero dei Nebrodi, che grazie al suo lavoro avrebbe girato in lungo e in largo mezza Europa, mostrando la superiorità dei suoi prodotti. Luisa non lo sapeva che da Castell’Umberto, dov’è nata, si sarebbe spostata con Sebastiano (per tutti Bastiano) a Mirto, nel cuore dei Nebrodi, novecento abitanti e settecento maiali neri, tutti della famiglia Agostino: Bastiano e Luisa.
La scommessa, però, l’hanno vinta. Il cuore di un’attività che coinvolge ormai tutti gli Agostino, è una piccola bottega a Mirto, pochi metri quadrati in una strada dalla quale passa appena un’auto, e che si riconosce da una graziosa tabella verde dipinta a mano da un’amica di Bastiano e Luisa. Accanto alla bottega una stanza meno curata che funge da deposito e custodisce anche alcune chicche: gli insaccati crudi stagionati, e il ricercato prosciutto “invecchiato” minimo sedici mesi, le salsicce, il guanciale, il lardo. C’è anche qualche provola.
Luisa, che si occupa dei rapporti con l’ormai sempre più vasta clientela, spiega con competenza: “Da sei a otto mesi, fino anche ad un anno, i maialini vengono utilizzati per la macelleria. La loro carne si riconosce dallo strato di lardo. Da due anni in poi il suino dei Nebrodi viene utilizzato per i prosciutti”. Luisa mostra fiera un cosciotto da undici chili: “Noi lavoriamo tutto a mano, senza aggiunta di conservanti, tutto tagliato al coltello e non scartiamo nulla”.
La rinascita del suino nero dei Nebrodi, oggi presidio di Slow Food, comincia proprio qui, undici anni fa. Questo suino, per la sua caratteristica, che è la maggiore produzione di lardo, veniva spesso incrociato con altri. Nel 1994, però, la Regione decise che era arrivato il momento di un’inversione di tendenza. Al progetto aderirono gli Agostino che ora vantano pascoli a Floresta, a mille metri di quota, poco più giù, a Mirto (quattrocento metri sul livello del mare), mentre a nella nativa Castell’Umberto ci sono i magazzini. Gli ordini arrivano da tutta la Sicilia, da un po’ anche dal resto d’Italia, mentre quest’anno ha fatto capolino anche un cliente di Monaco.
Come raggiungerli? Basta percorrere la Palermo-Messina, imboccare lo svincolo per Rocca di Caprileone e seguire le indicazioni per Mirto, poi basterà chiedere.
Marco Volpe