L’INTERVISTA
Stefano Chioccioli, enologo giramondo, parla del momento difficile per il vino. E racconta il suo lavoro: la prima vendemmia sulle Egadi, l’amore per le bollicine…
”La crisi non è finita”
Stefano Chioccioli, fiorentino, agronomo ed enologo di vaglia, è in Versilia per gli ultimi giorni di vacanza. Sta prendendo la rincorsa in vista di numerosi impegni. Calabria, Slovenia, Sicilia, Ungheria e pure la Georgia dove è in procinto di firmare una consulenza per un nome autorevole di questo lontano Paese che è un po’ la culla del vino. In Sicilia poi quella del 2010 sarà la prima vendemmia per Firriato, cantina tra le più importanti della regione.
Proprio per Salvatore e Vinzia Di Gaetano ha curato l’impianto di Favignana, l’unico nelle Egadi, da cui i titolari della cantina di Paceco si attendono moltissimo e la produzione di bollicine con Nerello Mascalese, metodo classico, probabilmente pronte per il prossimo Vinitaly.
Chioccioli, bollicine mon amour?
«In vacanza sicuro. Mi porto sempre le bollicine. Una selezione di spumanti, champagne, dai Colli Lesini a quelle di Castello di Meleto, di Baracchi. In attesa dei siciliani».
Qualche di giorno di vacanza? Stai prendendo la rincorsa?
«Andrò presto all’estero, il mio primo figlio si è laureato in enologia. Lo accompagnerò in Francia, ma dovrò andare anche in Ungheria per Sausa, un’azienda che ha vigneti sia nel Sud che nella zona del Tokai. E poi in Slovenia, nella Stiria dove vengono fuori Sylvaner e Pinot Grigio di tutto rispetto».
Non male come impegni…
«Sì e c’è anche la Georgia. Spero di concludere con una cantina da 850 ettari di vigneto».
La culla del vino?
«Sì, decisamente. Loro utilizzano le anfore, uno strumento che mi intriga molto. E poi fanno ottimi spumanti».
Tornando in Italia come lo vedi il clima a ttorno al vino?
«Ancora non siamo arrivati al fondo della crisi. Purtroppo c’è una produzione in eccesso rispetto ai consumi e alle reali prosettive del vino italiano nel mondo. Con la fine della distillzione obbligatoria e lo stoccaggio a lungo termine cambia tutto. C’è il consumo reale quello vero che costringerà a riequilibrare l’offerta e la domanda. In Sicilia ho visto molti vigneti abbandonati. Anche in Emilia Romagna c’è lo stesso problema con gli incentivi per l’estirpazione».
Non tutti sopravviveranno…
«È il momento della selezione. Quelli che stanno scomparendo sono i piccoli produttori che hanno affacciato la testa sul mercato da pochi anni. I marchi forti stanno invece riprendendo posizioni sul mercato abbassando i prezzi».
In Sicilia e in Calabria?
«In Calabria il consumo interno è calato molto negli ultimi 3-4anni. Di vini d’eccellenza se ne vendono poche bottiglie invece stanno prendendo quota i vini territoriali fatti bene ma con prezzi bassi, spesso però troppo bassi per la produzione. Chi produce uva non può venderlo a tre euro. Molte aziende chiuderanno».
In Sicilia?
«La stessa cosa. Grandi nomi fanno fatica ad andare avanti».
E nell’Isola come arriva alla vendemmia 2010?
«Il versante occidentale ha avuto problemi di carattere sanitario per contrastare oidio e peronospora. Però quest’anno i siciliani hanno reagito prontamente rispetto a tre anni fa».
Progetti futuri?
«Bianchi con lunghe macerazioni sulle bucce, puntare di più sull’alberello, vedi Firriato a Favignana, e conoscere meglio l’Etna. Dove ci sono vini di grande complessità e mineralità».
F. C.