L’AZIENDA
La storica cantina siciliana forte di una notorietà con pochi rivali sul territorio italiano si proietta nei mercati internazionali. Il manager Cesarini Sforza: “Avanti tutta negli Usa. E poi…”
Corvo,
rilancio globale
Rilancio globale per la Corvo, marchio famosissimo che è sinonimo della Sicilia da bere. La Duca di Salaparuta, l’azienda storica di Casteldaccia punta all’estero senza trascurare l’Italia. C’è aria di nuove strategie commerciali per la cantina che assieme all’altro marchio storico Florio, dal 2001 è di proprietà della Illva di Saronno.
Ci crede molto Filippo Cesarini Sforza, manager con compiti di supervisione per la commercializzazione, per il marketing ed altro ancora. Mentre ancora si cerca un nome per sostituire un responsabile della produzione dopo la partenza di Carlo Casavecchia che ricopriva il compito di direttore generale.
Si riparte da Corvo, dunque?
“Direi proprio di sì. Abbiamo scoperto tra l’altro che Corvo è il marchio enologico leader in Italia nella fascia di prezzo tra quattro e i sei euro. Lo rivela un’indagine dell‘istituto di ricerca Iri che ha voluto approfondire il rapporto tra l’offerta di qualità e i consumatori italiani. L’indagine riguarda i clienti della grande distribuzione dove in media ogni acquirente deve districarsi tra una media di 650 etichette. Eppure, rivela l’indagine, il 30 per cento conosce il marchio. E non è poco. Non ci sono rivali e il dato testimonia la forza di un brand come Corvo”.
Cosa farete?
“L’indagine ci spinge a valorizzare ancora di più il marchio Corvo, a giocare tutte le carte possibili per farci conoscere nel mondo. Certo, quelli che stiamo vivendo sono anni difficili, complessi, la crisi si avverte ma bisogna sottolineare che gli ultimi 6-7 anni il mercato italiano è cresciuto a due cifre. Oggi la grande distribuzione resiste mentre sta crollando il canale Horeca, ovvero quello che raggruppa hotel, ristoranti ed enoteche. Il consumo fuori casa sta calando in modo sensibile. Ne dovremo tenere conto”.
Su quali mercati esteri punterete?
“Senza indugi direi Stati Uniti e poi Inghilterra dove l’Italia ha perso posizioni a favore dei vini australiani. La missione Usa della Corvo è già partita con una serie di iniziative dove è importante marcare l’elemento distintivo della sicilianità. Abbiamo già una forza vendita tutta nostra che lavora nell’East Coast . Contiamo di ampliarci anno per anno per radicarci nel territorio statunitense. Oggi quello degli Usa è il mercato più importante che vale un miliardo di euro. Poi segue quello inglese, circa 600 milioni di euro e dove il 90 per cento dei vini è venduto nella grande distribuzione e infine quello tedesco che vale 400 milioni di euro ma che ha assistito a una flessione del 5 per cento, un calo che ovviamente ha coinvolto anche le cantine italiane”.
La crisi dunque fa paura?
“Non dobbiamo sottovalutare i segnali. Bisogna stare attenti a cogliere i cambiamenti che si avvertono nei mercati. Ripeto, non è un momento facile. Tuttavia nonostante la crisi ipotizziamo di chiudere il 2009, un anno molto particolare, con un più 10 per cento in volume. Una crescita sensibile che testimonia la validità della strategia che stiamo mettendo in atto. Per noi vale molto”.
Nuovi prodotti su cui puntare?
“In questi mesi abbiamo lanciato quattro nuove etichette, un Terradei, sia rosso che bianco, Nero d’Avola il primo, Grillo il secondo nella linea di produzione Corvo, top premium, e il Calanica, il bianco Insolia-Chardonnay e il rosso Nero d’Avola-Merlot, a marchio Duca di Salaparuta, tipologia superiore che insegue tanto l’ambizione di quel rapporto qualità-prezzo oggi diventato un traguardo importante per molte cantine”.
L’era Casavecchia va in soffitta?
“Per niente. Non si tocca nulla. Anzi va confermato l’ottimo lavoro svolto dall’ex direttore generale”.
L’ultimo vino bevuto?
“Vini Duca di Salaparuta a parte, un Teroldego Rotaliano di Elisabetta Foradori, il Granato…ottimo rosso”.
F. C.