QUI TORINO
Due talenti emergenti nel Torinese: Marcello Trentini e Gabriele Torretto. A tavola piatti tipici piemontesi, ma non solo
Giovani chef crescono
Quando le radici chiamano non ci si può astenere dal rispondere, e visto che nelle mie vene scorre Barolo purissimo, dal mio ultimo viaggio in terra piemontese riporto le notevoli esperienze alla corte di due dei giovani chef emergenti di Torino e dintorni.
Marcello Trentini è titolare di un piccolo e piacevolissimo locale in corso S. Maurizio 61/B (011 812 68 08), molto sullo stile dei petit restaurant parigini, che gestisce assieme alla moglie Simona, ottima padrona di casa, a cui ha dato il nome curioso di Magorabin. Nel dialetto Torinese Magorabin è l’uomo nero che viene a far mangiare i bimbi che non amano stare seduti a tavola, e il paragone mi è parso simpatico e azzeccato.
Dopo i soliti convenevoli iniziali (aperitivo della casa preparato appositamente e spezza appetito sotto forma di tagliatina di coniglio calda), ho iniziato le operazioni con un’insalatina tiepida di petto di faraona al porto e torchon di foie gras (grande passione dei titolari), seguito da ravioli di fagiano in crema di cavolfiore e petto d’anatra affumicato, il tutto accompagnato da una quantità di pani e focaccine caldi con crema di burro ai 5 sapori di pepe da spalmare all’occorrenza. Senza parole. Cena, compagnia e vino sono stati superlativi (la lista conta oltre 1.000 etichette), d'altronde voci di corridoio sostengono che i grandi saggi di Slow Food tengano sotto una particolare osservazione il lavoro di Marcello e il mio insignificante parere va nella stessa direzione.
Spostandosi verso la campagna a sud della città, passata Moncalieri, si incontra il paese di Trofarello e nella frazione di Valle Sauglio il notevole ristorante La Valle, chef Gabriele Torretto, in Via Umberto I, 25 (011 649 92 38). Anche questo locale è di piccole dimensioni, ma decisamente più classico nello stile e diviso in piccole salette molto intime.
Dopo avere sgranocchiato con infinito piacere il vassoietto ricco di pani di tutti i generi e soprattutto di piccolissimi grissini rubatà fatti a mano (rubatà significa cascati, dato che vengono fatti cadere sul tavolo durante la lavorazione), mi sono immerso nella più classica cucina piemontese.
L’antipasto non poteva che essere il Vitello Tonnato, eseguito alla perfezione, ma presentato scomposto, con la classica salsa tonnata appoggiata a parte. Mi sono permesso come primo gli Agnolotti del Plin, piccolissimi agnolotti fatti a mano e ripieni di burro di montagna e erbette, e rifiniti con un rametto di timo fresco appoggiato al centro. Dessert abbastanza particolare con semifreddo al cioccolato e vaniglia su una gelatina di mela verde. Azzardato e interessante.
Un pranzo così classico non poteva che essere bagnato da un signor Dolcetto d’Alba, rosso, secondo me, mai abbastanza valorizzato.
Magorabin o La Valle? Che dire, meglio il classico o l’innovazione? A voi la scelta, ma per una volta se andate a Torino scordatevi i grandi “stellati” e fate una visita a chi forse sarà stella nel cielo ma per ora regala ricerca e novità.
Andrea Brusa