L’INCHIESTA
Viaggio tra Mazzarrone e Canicattì, unici due comuni d’Italia dove l’uva da tavola ha ottenuto il riconoscimento Igp. Ecco le varietà più coltivate e le curiosità
Acini di sole
L’uva Italia è quella che va per la maggiore, con i suoi acini grossi e dorati e il suo sapore di Moscato. Ma il panorama dell’uva da tavola siciliana è fatto anche da altro: Red Globe, Vittoria, e poi le varietà apirene, ovvero senza i semi, tanto amate dagli inglesi che la comprano enza badare a spese. Diecimila ettari coltivati, 700 famiglie al lavoro, 600 aziende, un milione di giornate lavorative. Fosse soltanto questo, sarebbe abbastanza per fare di Mazzarrone, comune catanese al confine con la provincia di Ragusa, la capitale siciliana e, perché no, italiana dell’uva da tavola. Tutti i 1.500 abitanti di Mazzarrone, in qualche modo, hanno a che fare con questa produzione. Se non la coltivano, sono impegnati nell’indotto: dal confezionamento, al trasporto, alla vendita. Basta fare un giro fra i tendoni per capire che la coltivazione dell’uva, così come spesso avviene per i lavori legati al mondo dell’agricoltura, non è una casualità, ma una scelta di vita, uno stile che gli imprenditori della zona hanno «contagiato» anche ai loro vicini. Così della Igp Mazzarrone, l’unica «marchiata» in Italia con quella di Canicattì nell’Agrigentino, fanno parte anche altri due comuni della provincia di Catania: Caltagirone e Licodia Eubea; e tre del Ragusano: Chiaramente Gulfi, Comiso e Acate.
Il bacino dell’Uva Italia di Canicattì, invece, comprende 24 comuni tra Agrigento e Caltanissetta. La resa media è sui 250 quintali per per ettaro, di poco inferiore ai 300 di Mazzarrone. In entrambi i casi quasi tutti i vigneti sono coltivati a tendone e protetti da coperture in plastica per riparare i grappoli dalle piogge e dalle intemperie, facendoli resistere in alcune annate e in alcune zone anche fino all’Epifania.
Sia a Mazzarrone che a Canicattì la «Reggina dei vigneti» è l’Uva Italia (incrocio tra le varietà Bicane e Moscato d’Amburgo) che rappresenta quasi il 90 per cento del totale, seguono il Red Globe e nelle zone marine le precocissime Black Magic, Vittoria, Matilde (nella tabella accanto alcune varietà con le caratteristiche principali, il periodo di raccolta e il costo al chilo all’ingrosso). I prezzi di vendita dell’uva sul vigneto si aggirano tra 50 e 70 centesimi al chilo, per arrivare ai mercati generali tra 1,40 e 1,50 euro e anche a 3,50 euro al consumatore.
Chicca della produzione sono le uve apirene, quelle prive di semi all’interno (tra le altre Sultanina, Imperatrice e Fragolina Isabella), che però non si trovano sul mercato nazionale. «Sono molto richieste nei Paesi anglosassoni – spiega Giovanni Spata, presidente del Consorzio di tutela dell’uva di Mazzarrone -, dove tra l’altro trovano un mercato più conveniente rispetto al nostro». L’«emigrazione» dell’uva prodotta in Sicilia, comunque, è un dato che riguarda anche le altre varietà se si pensa che il 70 per cento della produzione viene venduto oltre lo Stretto e il resto nei mercati locali, in parte anche in Calabria.
Non è tutto rose e fiori, però. «Innanzitutto per la mancanza di infrastrutture e la penuria d’acqua – dice Nunzio Busacca, produttore di Mazzarrone ed ex presidente del Consorzio -. Ognuno di noi è costretto a sostenere costi altissimi per andare in cerca dell’acqua. Per non parlare della situazione delle strade di collegamento».
«Il settore attualmente è molto incerto – aggiunge Gioachino Cani, presidente della Cooperativa Santa Marta di Canicattì – a causa soprattutto degli elevati costi di produzione, dovuti all’aumento del costo del petrolio che ha fatto lievitare in modo vertiginoso il costo dei concimi, degli antiparassitari, dei teloni di copertura».
Gianni Giardina
Marco Volpe
(Foto di Francesco Baiamonte)