L'INTERVISTA
Da 21 anni gira tra ristoranti ed enoteche per proporre etichette di pregio. In quest'articolo Franco Ruffino racconta il suo mestiere di rappresentante. “Viviamo una fase difficile. I consumatori finali vogliono bere bene e spendere meno del giusto”. E in futuro dice che…
“Vendere il vino, croce e delizia”
Vendere il vino. Vivere di vino. Facile a dirsi. È uno dei lavori più delicati. Il tassello che unisce il produttore al titolare di enoteca o ristorante e quindi al consumatore finale. Abbiamo deciso di intervistare alcuni di loro. Per sondare gusti e tendenze, difficoltà e prospettive. Una lettura utile per i consumatori e per chi il vino lo fa. Il primo della serie è Franco Ruffino, palermitano, volto storico, a dispetto dei suoi 43 anni, del mondo dei rappresentanti. Perché fa questo mestiere oramai da 21anni e perché il suo nome è legato ad alcune etichette prestigiose siciliane e non siciliane. Ecco l’intervista.
Come hai cominciato?
«Ho mosso i primi passi con papà (ai vertici della Corvo, ndr). Ho trascorso un anno con i venditori. Lui voleva che facessi il manager, io alla fine scelsi di fare il rappresentante. Primo incarico con la Chianti Ruffino nel 1986. Avevo 22 anni».
Oggi chi rappresenti?
«Planeta, Mandrarossa, quindi Settesoli, Gaja, Jermann, Ferrari, Höfstatter, Masi, Santa Margherita, Frescobaldi, Ornellaia…».
Nomi di altissimo prestigio.
«Forse ho seminato bene».
Chi sono i tuoi clienti?
«Il canale Horeca, ovvero hotel, ristoranti ed enoteche quasi esclusivamente. Con Ferrari anche grande distribuzione e grande distribuzione organizzata».
Come sta cambiando il vostro lavoro?
«Sta cambiando in modo radicale. La vendita si sposta sempre più verso la fascia di medio prezzo. Prima i vini più ricercati erano quelli costosi ora si cercano quelli col buon rapporto qualità-prezzo. Oggi il consumatore deve avere la sensazione di aver bevuto una grande bottiglia spendendo meno del giusto».
Chi ne fa le spese?
«In questo momento viene danneggiato chi non è organizzato e non ha una seria politica commerciale. Ma rischia anche chi non ha prospettive future e chi lavora solo per il giorno per giorno».
Come sta il vino in generale?
«Penso che non sta bene. Ripeto: si salveranno le aziende più organizzate che sanno guardare avanti e chi sta attento al consumatore finale piuttosto che al suo cliente diretto».
E in Sicilia andrà peggio?
«Le aziende storiche anche se stanno subendo un piccolo calo tornerrano ad essere forti. Moltre altre cantine secondo me getteranno la spugna e finiranno per essere acquistate da chi è superorganizzato. I più forti saranno quelli che sapranno trasmettere il territorio, la marca, la qualità, la passione che c’è dietro. Insomma chi ha una storia da raccontare».
Una tua giornata-tipo?
«Di buon mattino in ufficio, controllo email e organizzazione del giro tra i clienti. Ci sono giornate che incontro almeno una decina di loro».
C’è spazio per bere vino?
«No, si parla sempre più di prbblematiche. Oggi diamo sempre più servizio, appoggio giusto al cliente, belle dritte sul vino che si vende senza appesantirlo sugli ordini».
Ma il vino lo bevi o no?
«Sì, bevo il vino degli altri. È noto con piacere che c’è un’ottima qualità in giro».
Il tuo vino di quest’estate?
«Sicuramente Friuli. Bianco».
Cambieresti questo lavoro?
«No, sono ancora innamorato di questo lavoro. Mi piace il contatto con la gente, non è scontato. Tuttavia noto con una punta di dispiacere che avverto un po’ di stanchezza in più. Ma l’età non c’entra nulla».
«Ho mosso i primi passi con papà (ai vertici della Corvo, ndr). Ho trascorso un anno con i venditori. Lui voleva che facessi il manager, io alla fine scelsi di fare il rappresentante. Primo incarico con la Chianti Ruffino nel 1986. Avevo 22 anni».
Oggi chi rappresenti?
«Planeta, Mandrarossa, quindi Settesoli, Gaja, Jermann, Ferrari, Höfstatter, Masi, Santa Margherita, Frescobaldi, Ornellaia…».
Nomi di altissimo prestigio.
«Forse ho seminato bene».
Chi sono i tuoi clienti?
«Il canale Horeca, ovvero hotel, ristoranti ed enoteche quasi esclusivamente. Con Ferrari anche grande distribuzione e grande distribuzione organizzata».
Come sta cambiando il vostro lavoro?
«Sta cambiando in modo radicale. La vendita si sposta sempre più verso la fascia di medio prezzo. Prima i vini più ricercati erano quelli costosi ora si cercano quelli col buon rapporto qualità-prezzo. Oggi il consumatore deve avere la sensazione di aver bevuto una grande bottiglia spendendo meno del giusto».
Chi ne fa le spese?
«In questo momento viene danneggiato chi non è organizzato e non ha una seria politica commerciale. Ma rischia anche chi non ha prospettive future e chi lavora solo per il giorno per giorno».
Come sta il vino in generale?
«Penso che non sta bene. Ripeto: si salveranno le aziende più organizzate che sanno guardare avanti e chi sta attento al consumatore finale piuttosto che al suo cliente diretto».
E in Sicilia andrà peggio?
«Le aziende storiche anche se stanno subendo un piccolo calo tornerrano ad essere forti. Moltre altre cantine secondo me getteranno la spugna e finiranno per essere acquistate da chi è superorganizzato. I più forti saranno quelli che sapranno trasmettere il territorio, la marca, la qualità, la passione che c’è dietro. Insomma chi ha una storia da raccontare».
Una tua giornata-tipo?
«Di buon mattino in ufficio, controllo email e organizzazione del giro tra i clienti. Ci sono giornate che incontro almeno una decina di loro».
C’è spazio per bere vino?
«No, si parla sempre più di prbblematiche. Oggi diamo sempre più servizio, appoggio giusto al cliente, belle dritte sul vino che si vende senza appesantirlo sugli ordini».
Ma il vino lo bevi o no?
«Sì, bevo il vino degli altri. È noto con piacere che c’è un’ottima qualità in giro».
Il tuo vino di quest’estate?
«Sicuramente Friuli. Bianco».
Cambieresti questo lavoro?
«No, sono ancora innamorato di questo lavoro. Mi piace il contatto con la gente, non è scontato. Tuttavia noto con una punta di dispiacere che avverto un po’ di stanchezza in più. Ma l’età non c’entra nulla».
Fabrizio Carrera