Nel 2011 l’export vola oltre i 4 miliardi e il comparto ha saputo innovarsi senza soste
di Andrea Gabbrielli
Negli ultimi quaranta/cinquant’anni la scarsa considerazione dell’agricoltura e della viticoltura da parte dei nostri governanti, è andato via via crescendo.
L’Italia è un paese industriale e di servizi – dicono lorsignori- il resto è un contorno di poco o nullo interesse. E non è sufficiente che per un tempo limitato ci sia un “tecnico” capace e stimato a capo del dicastero dell’agricoltura. Purtroppo l’agricoltura è in buona compagnia: infatti non si può certo sostenere che turismo e cultura abbiano goduto di un destino diverso. Ma in qualche modo tutto torna. Infatti al di là del mero dato produttivo e occupazionale che in ogni caso ha una sua importanza specifica, la sottovalutazione del ruolo in termini di conservazione dell’ambiente e del paesaggio, di presidio del territorio, di mantenimento dei saperi e dei sapori tradizionali, del legame antico quanto profondo tra culture e colture, è diventata la norma. Non tenere in cale queste peculiarità del settore se da una parte dimostra la limitatezza degli orizzonti dall’altra spiega molto dell’atteggiamento nei confronti della cultura e del turismo.
Eppure nonostante una burocrazia asfissiante, gli endemici ritardi di buona parte della pubblica amministrazione, un’ormai storica sottovalutazione del comparto, la scarsa percezione della viticoltura come attività economica unitaria e l’assenza di una politica agraria nazionale, i nostri imprenditori del settore vinicolo negli ultimi venti/trent’anni hanno dimostrato una straordinaria bravura a dispetto delle crisi e delle avversità. Basti pensare al nostro export vinicolo nel 2011 che ha ampiamente superato i 4 miliardi di euro, un traguardo che solo dieci anni fa non era nemmeno lontanamente immaginabile. Grandi e piccoli vignaioli, insieme o singolarmente, stanno portando in giro per il mondo l’immagine di un Italia che sa competere anche nei mercati più difficili.
Certo ci sono ritardi e contraddizioni e il valore del nostro vino è ancora molto contenuto (1,95/litro a novembre 2011 -Fonte Assoenologi). Ma quel che conta è che i nostri imprenditori in questi anni sono stati in grado di portare innovazioni di processo e di prodotto che hanno fatto del vino italiano uno dei migliori ambasciatori dell’Italia e della sua cultura nel mondo. Se per le attività economiche vale la regola che improvvisare è un po’ morire lo stesso si potrebbe dire per la politica. La nostra terra e i nostri imprenditori meritano maggiore considerazione e rispetto.