IL RICONOSCIMENTO
Ottenuto il riconoscimento per l’etichettatura facoltativa dei bovini. Così sulle nostre tavole arriveranno le fettine con il marchio che permetterà di risalire fino all’allevamento di partenza
Ecco la carne di Sicilia
La carne siciliana è buona e naturale. E dal prossimo dicembre la si potrà acquistare certificata ed etichettata. La Sicilia, infatti, con un decreto ministeriale, ha ottenuto il riconoscimento per l’etichettatura facoltativa delle carni bovine e sulle nostre tavole arriveranno dunque le fettine con il marchio “Carni di Sicilia”, rintracciabili fino all’allevamento di partenza.
Un importante riconoscimento, frutto di un lavoro lungo e accurato che ha puntato innanzitutto ad un’azione di filiera a tutto vantaggio dei consumatori e che, dal 2002 ad oggi, ha portato alla nascita di otto consorzi divisi per territorio ed al consorzio dei consorzi, quel “Carni di Sicilia” che raggruppa oltre mille aziende per un totale di circa cinquantamila vitelli.
A dispetto della vocazione marinara dell’isola, i siciliani sono grandi consumatori di carne. Ma ne producono solo il 40 per cento del fabbisogno, importando il resto da Francia, Spagna, Germania e Polonia. “Nella qualità della produzione abbiamo sicuramente una marcia in più rispetto al nord – afferma Vincenzo Chiofalo, presidente del Consorzio di Ricerca Filiera Carni (Corfilac) – perché i nostri allevamenti sono basati sul sistema vacca-vitello. Ciò significa che il vitello nasce e sta con la madre per almeno sette mesi e gli altri sette li trascorre in stalla. Non va in “batteria” come avviene negli allevamenti settentrionali, e ciò comporta un notevole abbattimento di costi. In questo modo non bisogna fare i conti con elevate concentrazioni di animali in poco spazio. Inoltre, nelle nostre zone di produzione non c’è inquinamento”. Un sistema questo che, oltre a favorire l’economia, va a tutto vantaggio della qualità. “L’impegno, adesso – continua Chiofalo – è creare delle stalle per l’ingrasso degli animali, che possano raccogliere almeno 500 vitelli. In questo modo potremmo garantire la qualità che chiede il consumatore”.
La carne siciliana è sicuramente meno delicata di quella di importazione, con una consistenza fibrosa che la rende più grossolana, ma questa è proprio la sua tipicità, inoltre è naturale e di ottima qualità. “Il consumatore deve stare attento al colore, a quanto grasso c’è ed anche alle variazioni nel colore del grasso stesso. Se è tendente al giallo vuol dire che è ricca di antiossidanti – suggerisce Chiofalo -. La nostra fettina è garantita da un’analisi di qualità condotta osservando con attenzione la gestione degli allevamenti e gli alimenti dati al bestiame”.
Dopo l’organizzazione dei produttori in consorzi e l’attenta analisi di qualità, la prossima scommessa è incrementare la quantità. Nell’isola infatti si consumano mediamente 24 chili di carne pro capite all’anno contro una produzione che si attesta tra i nove e i dieci chili, “ma con buoni margini di miglioramento”, assicura Chiofalo.
Intanto una raccomandazione va fatta ai commercianti. Perché la carne sia tenera e digeribile è necessario che sia sottoposta al processo di frollatura. “Dovrebbe stare, cioè – spiega Chiofalo – in una cella frigorifera a 4 gradi per un tempo che va da sette a dieci giorni. In questo modo si crea un rilassamento delle fibre che rende la carne più tenera. E niente paura dell’ossidazione, perché se la cella si tiene ben chiusa, non si corrono rischi”. Come dire che se la carne è un po’ più scura, non significa che è andata a male. Infine un suggerimento per i consumatori: “Se la fettina non è tenera, non vuol dire che non è buona ma, magari, che il vostro macellaio non l’ha sottoposta a frollatura”. La volta successiva siete “autorizzati” a chiedere di meglio.
Clara Minissale