L’AZIENDA
Tenuta dei Fossi, nel Siracusano, affina in vasche di cemento: “Noi non facciamo vino da ‘falegname’”. Tra i vezzi anche una produzione di Teroldego
“Così noi riscopriamo
il territorio”
Un’azienda tra innovazione e tradizione. Due elementi a prima vista contrapposti che trovano nella casa vinicola Tenuta dei Fossi la loro sintesi.
I vigneti si trovano nell'estremo lembo meridionale della Sicilia, tra le cittadine di Noto, Pachino e Rosolini, nel cuore del “Val di Noto”. In queste terre si produce un vino espressione più sincera dell’Isola.
Angelo Paternò ha scommesso sulla tradizione e sul territorio. Il vino del futuro porta scritto nel suo Dna il nome Sicilia. “Da dieci anni i vini si sono conformati al gusto internazionale: colore, alcool e barrique, siamo pieni di vino da “falegname”, estremamente legnosi. Oggi i gusti sono cambiati. Dobbiamo riscoprire le caratteristiche proprie dei nostri vini”.
Una vera e propria filosofia che si manifesta in precise scelte aziendali. Tenuta dei Fossi è l’unica azienda siciliana che fa affinare i propri vini in vasche di cemento. Una scelta unica che ha le sue ragioni nella tipicità. “Cinquanta anni fa non esistevano le botti in inox – spiega Paternò -, si tratta di un ritorno al passato. Nelle vasche in cemento armato, smaltate all’interno con resine, gli scambi termici sono fortemente inferiori e con l’affinamento in cemento i vini non subiscono gli scossoni termici che invece si creano nei recipienti di acciaio. Questo tipo di affinamento permette di conservare inalterati i colori e gli aromi e rispetta i tempi naturali. I vini prodotti non hanno bisogno di essere stabilizzati, chiarificati, filtrati. Il risultato è l’espressione più pura di una terra e delle sue ricchezze”. “Noi vendiamo e produciamo territorio – aggiunge Paternò -. Prodotti eleganti non preconfezionati. La differenza si percepisce nel tempo attraverso vini che esprimono quello che i francesi definiscono terroir”.
La scelta della tradizione si caratterizza anche per il sistema di coltivazione. ”Per l’Eloro Pachino usiamo un sistema di allevamento ad alberello – continua il produttore -, un ritorno alla selezione naturale un metodo utilizzato cento anni fa. Tutte le altre varietà – anticipa – nei prossimi anni seguiranno questo tipo di realizzazione. Il vino è l’unico prodotto che non si può globalizzare – conclude -. È finita l’era dei vini internazionali ora è il tempo di riscoprire le ricchezze del territorio e il modo migliore per farlo è quello di applicare i metodi tradizionali”.
Anche nella scelta dei vitigni l’azienda ha preferito esaltare la tipicità del territorio. L’85% delle specie sono autoctone, tra questi il Nero d’Avola, il Grecanico, l’Inzolia e il Catarratto. I due i vini che esprimo al meglio le caratteristiche del Val di Noto sono il Ruvérsa (Eloro Pachino) e il Pioggia di Stelle (Moscato di Noto) due Doc, cui l’azienda guarda con particolare cura e attenzione. Il restante 15 per cento sono vitigni alloctoni Tannat, Merlot, Syrah, Chardonnay, Viognier e Semillon. E poi un vezzo, il Teroldego, un rosso in via sperimentale che nasce dalla voglia di conoscere, di vedere come un vitigno tipico del nord, coltivato principalmente in Trentino, risponde al clima e alle caratteristiche della Sicilia. Anche qui il fine è quello di creare un vino capace di dare un risultato di eleganza e di struttura che esca fuori dai gusti internazionali. “Il territorio permette condizioni climatiche particolari, giornate ventose, forti escursioni termiche, un terreno calcareo bianco solitamente considerato poveri ma tra i più vocati per produrre grandi vini in termini di eleganza e struttura”.
L’azienda, si trova in contrada San Lorenzo. Il 10 agosto sarà il giorno del suo battesimo ufficiale. “Sarà l’occasione per una festa a 360 gradi – conclude Paternò – tra degustazione intrattenimento dove in cibo e il vino saranno le due stelle più luminose della serata”.
Ciro Frisco