di Giorgio Vaiana
“Parlare di qualità di vendemmia è un mero esercizio retorico”.
Senza giri di parole Attilio Scienza, tra i massimi esperti di viticoltura al mondo, docente dell’università degli studi di Milano, dice la sua su questa campagna vendemmiale iniziata ormai da qualche settimana in tutta Italia (più o meno). “Di solito quando si parla di vendemmia ci sono due fazioni contrapposte – dice Scienza – Quella degli ottimisti, espressione soprattutto della categoria dei produttori, che parlano di annata importante, oppure buona. Ed è evidente che fanno un po’ il gioco delle parti. Dall’altro lato ci sono quelli più realisti, che mettono nel calderone i cambiamenti climatici, l’ambiente, le criticità che hanno subìto, inomma cose che di certo hanno il loro peso in una vendemmia. La cosa difficile, dunque, è riuscire a conciliare queste due fazioni”. In Italia, come detto, siamo nel pieno della vendemmia 2021: Sì, è vero, c’è un certo ritardo nella raccolta delle uve, ma questo, soprattutto negli ultimi giorni, si è un po’ ridotto anche grazie ad un clima più adatto al periodo – prosegue il professore – Credo che rientreremo nei prossimi giorni nella norma almeno per quanto riguarda il punto di vista cronologico e temporale della vendemmia”. In passato, quando si parlava di vendemmia in Italia, si aveva un’immagine più unitaria. Il nostro paese era diviso in 4 macro-aree (Nord, Centro, Sud e Isole) che avevano caratteristiche abbastanza omogenee: “Oggi non è più così – dice Scienza – I fenomeni meteo sono così episodici che capita una grandinata in un vigneto mentre a pochi chilometri c’è il sole. I vigneti, dunque, hanno tutti comportamenti diversi, ci sono state le gelate ad aprile, le grandinate a luglio, poi la siccità o comunque piogge violente. Tutti episodi che condizionano la maturazione delle uve e che rendono talmente vario il nostro panorama vitivinicolo che fare una sintesi sulla vendemmia in Italia è davvero complesso”.
Per Scienza, alla fine l’Italia produrrà più o meno la stessa quantità di vino degli ultimi 5 anni: “Credo che si troverà un sostanziale equilibrio – dice – Non è così per la Francia che ha avuto condizioni davvero negative. Mi aspetto un calo importante, anche del 20/30 per cento, e anche in zone di pregio come Borgogna e Champagne. La loro sarà una vendemmia modesta”. E se sulla quantità abbiamo tirato più o meno le somme, difficile esprimersi sulla qualità: “Credo che anche qui saremo in linea con gli ultimi 5 anni – prosegue Scienza – Noi abbiamo il vantaggio di avere dei bravissimi enologi, in grado di risolvere in cantina eventuali problemi. Tecnologia e capacità di questi professionisti, sono alla base del nostro successo. E poi nelle cantine ci sono molte riserve, che riescono a compensare magari una mancanza di colore, di acidità o alcol. E aggiungo anche la bravura dei nostri viticoltori, ormai settati in pieno sui cambiamenti climatici e pronti ad agire rapidamente”. Ma allora quali soluzioni per contrastare i cambiamenti climatici entrati ormai nella nostra quotidianità? “La soluzione è sempre nella genetica – dice Scienza – Non solo quella innovativa, ma anche quella tradizionale. Io ero partito dai portainnesti, una soluzione molto efficace e facile da introdurre nella viticoltura. E’ molto più difficile fare e introdurre un incrocio resistente. Credo che il portainnesto potrebbe essere il primo gradino per arrivare alla mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici. Si pensi a viti che consumino meno acqua, che ricevano dei messaggi di resilienza dalla radici che, le ultime scoperte, hanno individuato essere il cervello della pianta. Quindi se è vero che i portainnesti sono il cervello della pianta, se agisco qui, agisco sull’intera pianta che riceverà informazioni su come reagire alla mancanza di acqua, ad un eccesso di radiazioni solari e avrà un adattamento formidabile”.
E poi un altro consiglio: “Nel Sud Italia, ma anche in altre regioni del Mediterraneo – dice Scienza – ci sono delle varietà che si sono adattate ai climi estremi. Ecco credo che potremmo farle “risalire” nella nostra Penisola. Si potrebbero introdurre per esempio nell’Italia centrale, con un clima già molto simile a quello meridionale. Penso al Cannonau, al Carricante, al Grillo o all’Aglianico solo per fare qualche esempio. Badate bene: le mie sono solo supposizioni non verificate sul campo. Ma comincerei a fare qualche vigneto di prova. Anche con cultivar della Grecia o del Sud della Spagna”. Nel frattempo si possono adottare delle tecniche per migliorare la resistenza delle viti ai cambiamenti climatici: “Aumentare le distanze tra le piante – dice il professore – lavorazioni frequenti del suolo, così come una gestione della chioma in modo tale che ci sia maggiore copertura delle foglie. Piccoli accorgimenti che servono”. Poi capitolo genoma editing, il programma voluto proprio dal professore Scienza in questo momento bloccato per un ricorso da parte di un viticoltore francese: “Siamo tutti fermi in attesa di capire cosa deciderà la commissione agricoltura dell’unione europea – dice – Serve che venga sdoganato il fatto che una pianta ottenuta in maniera cisgenetica non venga equiparata ad una ottenuta in maniera transgenetica. Differenza abissale. In attesa di questo, ovviamente, nessuno sta investendo su questa ricerca. Da quello che so, comunque, la commissione agricoltura sta lavorando molto bene perché il parlamento europeo ratifichi al più presto la sua decisione su questo argomento”. Chiusura su un territorio italiano da tenere d’occhio quest’anno: “Dico Toscana – conclude Scienza – Si tratta di una regione che ha avuto parecchi danni in primavera e che non avrà una grandissima quantità sui rossi. Ma avrà grande qualità, grazie soprattutto alla maturazione delle uve molto regolare e precisa”.