di Giorgio Vaiana
Un anno super-positivo. E non nel senso in cui tutti, in questa fase di recrudescenza della pandemia causata da Covid-19, siamo ormai abituati a pensare. Ma nel senso originale del termine.
Per il Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani (537 soci, 10 mila ettari di vigneti, 9 denominazioni tutelate, 65 milioni di bottiglie prodotte), il 2021 si è chiuso con numeri da record. Non solo per quanto riguarda il numero di bottiglie vendute, ma anche con una vendemmia superlativa. In termini di quantità, ma soprattutto di qualità. Allora amici winelover amanti di questi vini, tenetevi pronti e cercate di accaparrarvi quante più bottiglie possibili di questa annata, quando questa sarà disponibile ovviamente (nel 2025, ndr). Ne abbiamo parlato con il presidente del consorzio, Matteo Ascheri: “Un anno sorprendente dal punto di vista produttivo – dice il numero 1 del consorzio – Abbiamo avuto una vendemmia fantastica in Piemonte, sia in termini di qualità che quantità”. Questo dovuto al fatto anche ad una minore vendemmia verde fatta dai produttori: “Possiamo parlare di un’annata veramante completa – dice Ascheri – Tutti i produttori parlano di annata eccelsa. Ai livelli della 2016? Presto per dirlo, ma ci sono tutti i presupposti. E’ stata un’annata non molto calda, non piovosa, con le giuste escursioni termiche e le medie delle temperature non troppo elevate”. Il gelo tardivo, le grandinate di luglio e poi la siccità sono stati tutti fattori che hanno evitato gli eccessivi diradamenti da parte dei produttori che così, poi, si sono trovati a gestire una produzione quasi immacolata. E la qualità delle uve, Nebbiolo in primis, ma ache Dolcetto e Barbera, è sotto gli occhi di tutti. Qualche problema, causato dalle grandinate, invece, nella zona del Roero: “E se poi dobbiamo parlare di mero aspetto commerciale – prosegue Ascheri – chiudiamo l’anno con un +21 per cento di bottiglie vendute. Un segno inequivocabile dell’interesse che c’è nel mondo non solo per i nostri vini, ma anche per il nostro territorio”.
Il succeso delle Langhe per Ascheri è uno solo: “Abbimo lavorato per anni sulla nostra identità – dice – nel cercare di produrre vini super-riconoscibili. E’ vero che il concetto di monovitigno e il non usare uve internazionali ci hanno avvantaggiati e non poco, ma è anche vero che tutti i produttori hanno spinto su quelli che sono i valori di ricerca, autenticità e riconoscibilità”. A breve il consorzio presenterà l’annata 2018. Ascheri lo dice quasi sottovoce. Da queste parti si sa benissimo che non è stata una annata grandiosa. “Non di certo eccezionale”, corregge Ascheri. Ma si tratta tuttavia “di vini pronti, più freschi rispetto alla 2017”. Poi ci sarà un trittico niente male: la 2019, la 2020 e la grande attesa 2021. “Nel 2019 la produzione è stata molto scarsa, quindi mi aspetto meno bottiglie. Della 2020 se ne dice un gran bene, ma la 2021…”. E il debutto della 2018 doveva avvenire a breve, nel grande e atteso evento Grandi Langhe previsto per il 31 gennaio e 1 febbraio all’Ogr di Torino. “Rinvio dell’evento? Possibile – dice Ascheri – Ma ancora non abbiamo deciso”. La sensazione è che alla fine l’evento non si farà. I contagi salgono ancora (e sono destinati a farlo almeno fino a metà gennaio) e lo stesso Ascheri dice che “farlo in condizioni critiche non avrebbe senso”. Ma un punto interrogativo rimane: “Ci vedremo intorno al 10 gennaio per decidere. Oggi sul tavolo ci sono tante opzioni, perché le norme cambiano di giorno in giorno”. Per Ascheri, infatti, rinviare l’evento è come dire non farlo più per quest’anno. In bilico anche un altro grande evento firmato dal consorzio, Barolo & Barbaresco World Opening, che si dovrebbe tenere a Los Angeles il 15 e 16 marzo. Anche qui tutto è legato ai numeri della pandemia. “Per noi era proprio un inizio con il botto – dice Ascheri – Ma non possiamo fare i conti senza l’oste. Vedremo. Intanto rimaniamo concentrati su questi eventi”.
Poi un passo indietro di Ascheri allo scorso novembre, quando ha deciso di dimettersi da Piemonte Land, il super consorzio che raggruppa tutte le denominazioni piemontesi: “E’ un organismo che va riformato – dice Ascheri – Per portare avanti un progetto simile serve una visione che deve essere unitaria. E invece non è così. Non parlo di problemi territoriali, ma solo di visione. Noi, piccoli consorzi, ne abbiamo una. I colossi, come Asti o Brachetto ne hanno altre. Fare sintesi era estremamente complesso: su 1.500 proposte che ho fatto non me ne hanno fatta passare nemmeno una. Era impossibile continuare. L’ho detto anche ai vertici regionali: qui non serve una nuova governance. Serve una vera e propria riforma di questo organismo e fare in modo che tutti i consorzi contino. Non che quelli grandi abbiano più voce in capitolo”. E poi le prospettive del 2022: “Per adesso navighiamo un po’ a vista – conclude Ascheri – Ora ci concentreremo sul concetto di sostenibilità, un termine che io odio. Io parlo di impatto ambientale. Etica del lavoro, logistica, produzione meno impattante, sono tutti argomenti su cui stiamo lavorando. E se Grandi Langhe si farà, ne parleremo in un convegno”.