di Michele Pizzillo
Degustare qualche migliaia di vini e, questa volta, quasi esclusivamente dove sono prodotti, per avere una pubblicazione come la “Guida essenziale ai vini d’Italia 2021, DoctorWine by Daniele Cernilli”, giunta alla settima edizione, davvero aggiornata sulla nostra produzione enologica, non è stato semplice.
“Posso dire che è stato piuttosto complicato – ha sottolineato Cernilli durante la presentazione della Guida a Milano –. I motivi potete facilmente immaginarli. In un periodo drammatico come quello che stiamo vivendo è stato molto complicato realizzare assaggi, valutare vini, visitare aziende. Molte grandi manifestazioni sono state annullate e la possibilità di degustare vini in quelle occasioni semplicemente non c’è stata”. E’ mancata anche la possibilità di fare più confronti diretti anche perché molti produttori hanno proposto gli stessi vini dell’anno precedente. Il motivo è semplice: il crollo dell’export, la chiusura di ristoranti ed enoteche ha determinato un rallentamento delle vendite e, conseguentemente, molte cantine continueranno a vedere gli stessi vini dell’anno precedente.
Un quadro decisamente difficile per il mondo del vino, tant’è che Cernilli non nasconde – d’altronde l’ha scritto nell’introduzione – di aver avuto un atteggiamento meno drastico in fatto di premi e di segnalazioni. I “faccini” – quelli a cui DoctorWine ci mette la propria faccia – assegnati questa volta sono di più delle guide degli anni precedenti, aggiunge Cernilli “per cercare di sostenere per come possiamo il mondo che amiamo, e che è quello della vitienologia di qualità del nostro Paese. Insomma DoctorWine e la sua “instancabile ciurma” di assaggiatori, visitatori di territori e cantine, di interlocutori con produttori, enologi, sommelier e consumatori, dato il momento, non sono stati dei professori severi e arcigni. E, di questo, se ne onorano anche perché scorrendo le 700 pagine del bel volume presentato a Milano – seguirà Roma il 10 ottobre – fra le 1.202 aziende e i 3.118 vini recensiti, abbiamo trovato tutte le icone del vino italiano, compreso i vini con un ottimo rapporto qualità/prezzo (730) che, comunque, sono prodotti di qualità notevole.
La filosofia portante di questa guida, che è l’essenzialità prima di tutto, è stata rispettata anche in questo momento difficile. Così, leggendo le recensioni, si capisce che non è una raccolta di migliaia di aziende, ma la selezione di quelle che secondo DoctorWine sono le migliori e che nei prossimi mesi proporranno sui mercati vini di gran pregio.
Vediamo una piccola selezione di queste recensioni. E, cioè, i premiati tra vini, aziende, persone, progetti che contribuiscono a fare luce sullo stato della nostra vitienologia. Partendo dal:
- “vino rosso dell’anno” (oltretutto l’unico ad essere valutato 100/100) che è anche un omaggio a un personaggio, scomparso qualche anno fa, che ha contribuito in maniera determinante a rendere grande un territorio, quello di Montalcino. Il vino è il Brunello di Montalcino Riserva 2012 Biondi Santi, l’ultimo realizzato dal grande Franco Biondi Santi.
- “Vino bianco dell’anno” è l’Alto Adige Muller Thurgau Feldmarschall von Fenner 2018 Tiefenbrunner, che da 40 anni è tra i protagonisti dell’enologia altoatesina.
- “Vino vivace dell’anno” è il Trentodoc Letrari 976 Riserva del Fondatore 2009 Letrari, ormai un grande classico.
- “Vino rosato dell’anno” è il Soré 2019 Famiglia Cotarella. Si tratta di un merlot al quale il saldo di aleatico conferisce una particolarità complessità olfattiva.
- “Vino dolce dell’anno” è il Vin Santo del Chianti Classico 2009 Rocca di Montegrossi, esempio della più squisita tradizione chiantigiana che riposa otto anni nei caratelli e prosegue con un lungo affinamento in bottiglia.
- “L’esordio vincente”, cioè il vino che esce sul mercato la prima volta, è il Trentodoc brut Altemasi Blanc de Noirs 2016 Cavit, di sole uve pinot nero davvero sorprendente anche per il suo prezzo abbordabile.
- “Vino dal miglior rapporto qualità/prezzo” arriva dalla Campania e, cioè, il Sannio Falanghina Janare 2019 La Guardiense: un bianco di godibile bevibilità prodotto da una delle cantine cooperative più grandi d’Italia e proposto a 7,50 euro.
- “Premio per la qualità diffusa”, assegnato ad un vino che coniuga alta qualità con un notevole numero di bottiglie prodotte, va al Torgiano rosso Rubesco 2018 Lungarotti, che ha fatto conoscere la produzione enologica umbra.
- “Azienda dell’anno” è la piemontese Vietti, che insieme alla sua costola Enrico Serafino, ha proposto una gamma di vini davvero fantastica.
- “Produttore emergente” è Montecappone-Mirizzi, di Jesi.
- “Premio cooperazione” va all’Alleanza delle Cooperative che è il coordinamento nazionale delle associazioni più rappresentative della cooperazione italiana.
- “L’Enologo dell’anno”, questa volta è una sorta di premio collettivo, perché è stato assegnato all’Associazione Enologi Enotecnici Italiani e non ad un singolo professionista.
- “Vitienologia sostenibile”, per questo premio bisogna andare in Sicilia, dove c’è Donnafugata, azienda che dal 2011 adotta pratiche agricole ecosostenibili.
- “Progetto qualità”, premio che approda in Toscana a Castello Banfi per il progetto Sanguis Jovis – Alta Scuola del Sangiovese, che tende ad accrescere la cultura del vitigno più coltivato in Italia, attraverso la ricerca scientifica, la comunicazione della conoscenza e l’alta formazione.
- “Una vita per il vino” è quella di Sandro Boscaini, presidente di Masi Agricola dal 1978, conosciuto anche all’estero come Mr. Amarone perché ha portato l’azienda di famiglia a livelli di assoluto prestigio anche a livello internazionale.
Il miglior vino d’Italia, con un punteggio di 100/100, l’abbiamo già citato cioè, il Brunello di Montalcino riserva 2012 Biondi Santi. Con 98/100 troviamo sei vini: 2 Barolo (Monfortino riserva 2014 di Giacomo Conterno; Villero riserva 2013 di Vietti), 2 Brunello di Montalcino (millesimo 2015 di Giodo; Vecchia Vigne 2015 di Siro Pacenti), il sardo Dettori rosso 2015 e il Taurasi Quindicianni 2005 di Perillo. Ampliando l’attenzione anche ai punteggi di 98 e 97 centesimi, in una eventuale gara tra Barolo a Brunello di Montalcino, il piemontese è presente con 55 etichette mentre il toscano si ferma a 31, terzo è il Barbaresco, con 20 etichette.
E, poi, ci sono i grandi seminari, quest’anno 18, per un totale di 200, per approfondire la conoscenza della migliore vitienologia italiana. Ne citiamo qualcuno, come il Sassi-Gaja (Tenuta San Guido , Bolgheri Sassicaia 2017 – 2016 – 2015 -1997 e Gaja, Gaja&Rey 2018 – 2006 – 1996, tutto in magnum). Quello del “Prosecco, Lambrusco e altre bolle”, sviluppato su 13 etichette. La “Grande Langa: Barbera e Barolo”, confronto fra 11 aziende. 14 etichette per “Tutti i colori dell’Alto Adige”. 15 aziende, invece, per il “Chianti classi & co:”. Poi il “Brunello e Nobile: i grandi rossi del Senese”, con 11 etichette. L’imperdibile verticale di Ornellaia (1998, 2006, 2009, 2011, 2014, 2017). “Il fascino dei vini Siciliani” sviluppato su 13 etichette. “I possenti rossi dell’Adriatico” con 15 aziende tra Marche, Abruzzo, Molise e Puglia. I “Rossi mediterranei” per spaziare tra Umbria, Campania, Basilicata e Sardegna. La “Grande Langa: Barolo, Roero e Barbaresco”. Tutto organizzato secondo le direttive anti Covid-19, per essere prudenti e dotati di buon senso, con la speranza che un giorno o l’altro quest’incubo finisca, e si possa tornare ad assaggiare il vino con serenità, passione e attenzione.