“La poca conoscenza della materia da parte di qualcuno e le diatribe politiche tra il parlamentare pugliese del Pd Dario Stefano e il ministro Teresa Bellanova non generino confusione e non mettano in discussione la serietà del mondo vitivinicolo siciliano, così come la correttezza degli atti prodotti dalla Regione siciliana”.
Lo ha dichiarato l’assessore regionale per l’Agricoltura, Edy Bandiera, dinanzi al “procurato allarme”, generato, dall’ormai ex assessore pugliese, oggi parlamentare pd, invitato dallo stesso ministro Teresa Bellanova a documentarsi e a studiare e che, tardivamente, ha messo a fuoco un provvedimento di autorizzazione, regolare e legittimo, alla coltivazione del “primitivo” in Sicilia, emesso dal Dipartimento Agricoltura della Regione Siciliana lo scorso agosto 2019. Vicenda per la quale è già intervenuta in maniera chiara ed inequivocabile il ministro che ha precisato che nessuna produzione siciliana si chiamerà “primitivo”, come nessuna produzione pugliese si chiamerà “Nero d’Avola”, nonostante il primitivo, oggi, può coltivarsi in Sicilia, così come il nero d’Avola può essere coltivato in Puglia. “Situazione analoga a quella del vitigno Cabernet-Sauvignon, coltivato in tutto il mondo e non soltanto in Francia, senza che nessuna regione francese se ne lamenti”, aggiunge, sorridendo, l’assessore Bandiera.
Altro ragionamento, è l’utilizzo di una denominazione d’origine, disciplinata dai regolamenti europei, che nessuno intende violare. “Mai consentirò che una bottiglia di vino siciliano Dop o Igp possa chiamarsi “Primitivo” esattamente come soltanto le Dop Igp Siciliane possono utilizzare il nome del vitigno “Nero d’Avola” – si legge in una nota del Ministero – e questo nonostante quel vitigno possa essere coltivato in altre regioni che lo hanno inserito nell’ elenco delle varietà raccomandate e autorizzate”. Proprio la Sicilia, tra l’altro, tramite l’Istituto regionale Vino e Olio di Sicilia, ha avviato una sperimentazione pluriennale di primitivo, con un progetto finanziato negli anni ’90 dallo stesso Ministero. Da lì la decisione siciliana di autorizzare la coltivazione con il decreto dell’agosto scorso. “I vitigni e la immensa biodiversità del patrimonio varietale italiano – aggiunge l’assessore Bandiera – sono patrimonio di tutto il mondo enologico, proprio le contaminazioni e le combinazioni tra questi, insieme alla ricerca, hanno fatto sì, nei decenni, che il vino italiano si sia affermato nel mondo, quale prodotto di straordinaria eccellenza ed emblema del made in Italy”.
C.d.G.
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